Esecuzioni dal vivo della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven sono state recensite più volte su questa testata, ultimamente il 26 luglio 2020 al termine dell’intero ciclo delle sinfonie del compositore di Bonn diretto da Antonio Pappano con i complessi dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nella Cavea del Parco della Musica a Roma. In quella recensione, si sono ricordate differenti esecuzioni della sinfonia nel corso degli ultimi trent’anni. Ad essa si rinvia per un’analisi della composizione e degli approcci di alcuni dei principali direttori che la hanno eseguita.



Ad apertura d’anno e della nuova Stagione 2021 del Teatro Regio di Parma, il 12 gennaio 2021, la Nona è stata proposta con la direzione di Michele Mariotti con la Filarmonica Arturo Toscanini ed il Coro del Regio, preparato da Martino Faggiani, nonché un quartetto splendido di voci composto da Christiane Karg, soprano, Veta Pilipenko, mezzosoprano, Francesco Demuro, tenore, Michele Pertusi, basso. Lo spettacolo è stato trasmesso in diretta televisiva su 12 Tv Parma e in diretta streaming a pagamento sulla pagina di Facebook del Teatro Regio, al prezzo simbolico di € 1,09. E’ l’omaggio del Regio a Beethoven in coda al 250simo anniversario dalla nascita del compositore, alla cittadinanza e a tutti coloro che non potranno raggiungere la città di Parma, alla vigilia del santo patrono, Sant’Ilario, data della consueta cerimonia d’inaugurazione della stagione lirica.



Attorniati dalla scenografia trompe-l’oeil della camera acustica decorata da Giuseppe Carmignani (Parma, 1807-1852), una struttura storica originale del Teatro realizzata con pannelli di canapa montati su telai lignei, l’orchestra è disposta nel parterre della sala, a ridosso del palcoscenico, sul quale sono saliti invece i membri del coro del Regio, distanziati in base al protocollo in materia di sicurezza sanitaria attualmente in vigore. L’esecuzione del recitativo “O Freunde, nicht diese Töne” e del coro “Freude, schöner Götterfunken”, nel quarto movimento della Sinfonia, è stata accompagnata dallo scorrimento negli appositi schermi sovrastanti il boccascena di sottotitoli con la traduzione del testo originale di Friedrich Schiller.



Come è noto, la sinfonia testimonia pienamente il potere intellettuale oramai detenuto da Beethoven. In termini tecnici, lo sviluppo della sua forma sinfonica può essere visto come la proiezione dei principi alla base dello stile sonata sulla scala del lavoro totale in quattro movimenti, piuttosto che su quello del singolo movimento in forma di sonata. Il Beethoven della maturità dimostra la capacità espressiva e l’evidente intento radicale di quest’opera, che la distingue dalle sinfonie nella tradizione del Settecento. Nel migliore spirito del primo Romanticismo, Beethoven cercava un nuovo livello di contatto umano attraverso la semplicità della canzone, senza raffinatezza o artificio. Questi suoi toni, «più piacevoli e più gioiosi», assieme alla sua invocazione all’unità, alla condivisione, alla fratellanza sono tra le ragioni del destino della sinfonia, scelta quale inno dal Consiglio d’Europa già nel 1972, e poi come Inno dell’Unione europea nel 1985.

La caratteristica importante dell’esecuzione è l’afflato dato da Michele Mariotti, che si vorrebbe vedere più spesso dirigere in Italia, alla sinfonia. Con lui sul podio, la Nona diventa, al tempo stesso, un grande melodramma ottocentesco ed un grande inno sia alla fratellanza sia alla libertà, il diritto alla pursuit of happiness per ogni individuo posto a base della Costituzione americana. E’ un approccio molto personale e molto affascinante che dimostra il valore universale ed atemporale della Nona ed al tempo stesso il suo radicamento nel Romanticismo allora nascente. Mariotti dirige a braccia larghe e con una grande intensità che si vede chiaramente dai primi piani televisivi (ed in streaming) del suo volto, dà gli attacchi alle voci (tutte di grande livello) ed al coro, e sottolinea il distacco tra primi tre movimenti letti come filtrati dalla memoria, come un ricordo di Beethoven di quelle erano state le sue precedenti sinfonie, ed il quarto. Un ricordo tanto più necessario in quanto Beethoven si predisponeva a lanciarsi nel quarto su un terreno sino allora inesplorato. Lo si avverte sin dal primo accordo. Il primo movimento (Allegro ma non troppo maestoso) è letto quasi come una tempesta di mare. Il secondo (Molto vivace) come un momento di lietezza solare. Il terzo (Adagio molto e cantabile) è languido e appassionato. La gioia esplode nell’inno schilleriano in cui il coro e i solisti fondono le loro voci con l’orchestra.

Vorrei chiudere con un ricordo personale. Avevo ascoltato Mariotti, giovanissimo, dirigere Il barbiere di Siviglia di Rossini in teatri minori. Andai al suo debutto nel 2007 come Direttore Musicale del Teatro Comunale di Bologna. Si dava Simon Boccanegra di Verdi. L’allora ventottenne Mariotti venne elogiato da tutta la stampa tranne che da me; espressi riserve sull’appropriatezza di affidare ad un giovane il lavoro più complesso, e per certi aspetti più autobiografico, di un Verdi che si sentiva anziano e rifletteva sulla sua propria vita. Ascoltai successivamente Mariotti al Rossini Opera Festival dove era semplicemente splendido; ci vedemmo spesso alle cene organizzate da Silvana Ratti, dove era difficile parlare privatamente. Nel 2011, andai a Modena dove Mariotti debuttava in un’opera al tempo stesso bellissima e difficilissima: Il Prigioniero di Dallapicolla. Mi piacque moltissimo e dopo lo spettacolo andai a salutarlo in camerino. Appena uscito dalla doccia, mi disse “sei il solo che al mio debutto a Bologna ha scritto quello che pensavo anche io: non stavo dirigendo bene quel «Simon Boccanegra» e lo sapevo!”. Grande direttore e grande uomo.