La fortuna di Aaron Sorkin è sicuramente dovuta alla sua grandiosa capacità di scrittura dei dialoghi, ma ciò che rende i film o le serie tv che scrive – prima di dirigerle – particolarmente avvincenti è il meccanismo narrativo con cui ferma i suoi personaggi in un momento particolarmente critico, di solito prima di un grande evento di cui racconta la preparazione, e da lì fa partire drammaturgia e riflessione, costruisce tensioni che in quel punto convergono fino alla risoluzione.



Anche il suo nuovo film, Being the Ricardos, condivide questa struttura: il punto di partenza è la settimana in cui si costruisce una puntata di I Love Lucy, la sitcom che ha cambiato la storia della tv americana, e al centro ci sono Lucille Ball (Nicole Kidman) e Desi Arnaz (Javier Bardem), la coppia anche nella vita è la protagonista della serie colta in un momento critico. Lei infatti è accusata di essere una comunista dalla commissione McCarthy, lui è al centro di uno scandalo per adulterio.



Mentre la sceneggiatura, come sempre scritta dal solo Sorkin qui anche regista, scandisce i sette giorni che potrebbero far finire per sempre la coppia e lo show, i flashback raccontano la storia d’amore e il talento creativo dei due attori, la burrasca e la passione che li pervadeva e che ha sfidato più di una convenzione nella tv americana degli anni ’50, dalla creazione di un set di telecamere pensato per riprendere in continuità e lasciare la visuale libera al pubblico in studio alla prima volta che un personaggio tv mostrava la sua gravidanza e aveva un figlio.

Nei migliori risultati dello sceneggiatore/regista, questa struttura permetteva di partire dal punto scelto e, costruendo la tensione, ampliarsi ad analizzare i contesti e le questioni sociali e umane: per esempio, nel contesto tv resta imbattibile la sua serie Studio 60 on the Sunset Strip, che raccontava l’America con il filtro di un programma di sketch comici, oppure Steve Jobs. Qui Sorkin sembra invece essersi adagiato tanto sulle convenzioni del film biografico quanto sullo standard produttivo del cinema da piattaforma (produce e distribuisce in streaming Amazon).



Being the Ricardos dà il meglio di sé quando Sorkin può dare fondo alla sua passione per il racconto dietro le quinte, per il lavoro di limatura e definizione delle strutture creative, cioè quando racconta il come si fa un lavoro e i contrasti che da questa concezione artigianale si creano, per esempio il modo in cui Lucille e il resto della produzione girano intorno alla scena della cena e dei fiori, a come la smonta e rimonta, o a come si creano gag e battute, peccato che questo lato del film sia soppiantato da una narrazione molto più consueta e prevedibile, vita e amori, in cui il racconto dell’eccezionalità di due personaggi prevale sullo sguardo al mondo che li circonda. Anche dal punto di vista cinematografico, il ritmo secchissimo e frenetico che creava eccitazione attraverso i dialoghi ha il freno a mano, il divismo e la confezione pensata per gli Oscar appiattiscono il film.

Sorkin si limita a gestire il traffico e a scrivere un film che di traffico non ne crei poi troppo, che limiti la complessità dei suoi discorsi e degli intrecci, rendendo esplicito anche un lato del suo lavoro che lo rende forse un po’ datato: mostrando comici che per contratto devono far ridere a ogni frase, le battute a effetto che costeggiano le opere dell’autore assumono un altro effetto, come se la trovata brillante fosse un’auto-imposizione più che un’esigenza. Come se l’arte di Sorkin fosse sotto sotto una grossa sitcom molto ambiziosa.

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