Era armato di coltello e a Bruxelles ha cercato di entrare nell’ufficio del premier belga De Croo. L’ennesimo lupo solitario che, in questi ultimi mesi, ha messo in allarme le intelligence occidentali, preoccupate dalla presenza di questi terroristi che agiscono da soli e che, proprio per questo, risultano più difficili da individuare. Non si sa ancora quali siano le motivazioni dell’uomo di Bruxelles; di certo, non è stato il primo in queste ultime settimane: Shamsud-Din Jabbar, a New Orleans, a Capodanno, ha ucciso 15 persone e Taleb Al Abdulmohsen, a Magdeburgo, ne ha ammazzate sei ai mercatini di Natale. Spesso si tratta di attentati che hanno connotazioni “religiose”, con riferimenti al fondamentalismo islamico. Come per l’uomo che, a metà novembre, a Parigi, è entrato in un palazzo armato di pistola, gridando “Allah akbar”, in cerca di qualcuno a cui sparare. Un fenomeno che preoccupa i servizi di mezzo mondo, Italia compresa, e che rimane difficile da spiegare. Di certo, dice Stefano Piazza, giornalista e scrittore, esperto di sicurezza e terrorismo, la propaganda del terrorismo islamico, che incita a colpire anche in solitaria, non si è mai fermata. E a volte basta una persona che entra in azione per scatenare gli emulatori. Anche senza una motivazione jihadista.
C’è qualcosa che lega i lupi solitari del terrorismo, un filo rosso che li unisce e che può farci capire il fenomeno?
Bisogna distinguere, innanzitutto, tra gli attentati messi in atto dallo Stato islamico e quelli realizzati da simpatizzanti. L’uomo entrato in azione a New Orleans, per esempio, non era dell’Isis, e lo stesso Stato islamico non l’ha nemmeno citato nell’edizione settimanale del suo giornale. Era una scheggia impazzita che si è servito dello Stato islamico, che è un brand: per questo, a volte, basta armarsi di coltello e fare riferimento a questo gruppo. Per quanto riguarda il caso di Bruxelles, bisogna vedere quali fossero le sue motivazioni. Insomma, è complicato capire certe dinamiche. Di certo, c’è un effetto anche emulatorio, come dimostrano i fatti simili di Magdeburgo, nei giorni di Natale, e di New Orleans, con le stesse modalità, a Capodanno. Anche se è vero che l’attentatore negli USA, in relazione al quale proprio in queste ore sono usciti dei video, aveva preparato tutto da tempo.
La matrice è spesso “religiosa”, con riferimenti al terrorismo islamico?
Sì, c’è l’effetto emulazione e poi c’è la matrice, spesso “religiosa”, di gente che comunque, anche se non è ingaggiata ufficialmente per lo Stato islamico, simpatizza. Durante la settimana di Natale, nelle pubblicazioni dello Stato islamico, è stato chiesto ufficialmente a tutti i supporter ufficiali e non ufficiali di colpire i crociati e gli ebrei, ovunque si trovassero, nelle chiese come altrove. Appelli che, su elementi fragili, malati oppure motivati religiosamente, hanno il loro effetto: viene data loro una ragione di vita, per rendersi famosi almeno per un giorno. Basta prendere un coltello, mettersi alla guida di una macchina, investire un po’ di gente, scendere e cercare di accoltellare i passanti e poi magari morire lasciando un video sul telefonino in cui si fa riferimento all’Isis.
Ci sono motivazioni esterne, ma poi bisogna indagare nella personalità degli attentatori. I veri motivi di certe azioni sono lì?
Guardiamo i profili dei due attentatori. L’attentatore di Magdeburgo, ad esempio, era un medico saudita che si occupava di psichiatria. Pare che odiasse l’islam, anche se non si è mai capito bene. Era anche convinto che il governo tedesco avesse un piano per uccidere gli esuli sauditi. Quello di New Orleans ha avuto due mogli, tre figli, debiti, una vita andata in pezzi.
L’istigazione dei lupi solitari, però, è praticata da tempo dall’Isis e da altri gruppi terroristici?
I gruppi estremisti come Hamas, la Jihad islamica, piuttosto che Hezbollah, lo Stato islamico, Al-Qaeda, mandano tutti lo stesso messaggio: uccidere gli infedeli. Va detto che la recrudescenza della guerra in Medio Oriente ha armato migliaia di persone. E in Europa ci sono moltissimi simpatizzanti di questi gruppi. Una situazione molto complessa.
Però, a Gaza, le azioni militari contro i palestinesi sono cominciate più di un anno fa; i lupi solitari, invece, sono entrati in azione di recente. C’è un motivo scatenante?
I lupi solitari c’erano prima della guerra. E hanno agito anche dopo: penso, ad esempio, al docente ucciso in un liceo di Arras, in Francia, nell’ottobre 2023. Si tratta di persone difficili da individuare per le forze dell’ordine: un conto è indagare su determinati gruppi che si organizzano in cellule, un altro avere a che fare con chi non si è mai fatto sentire, ma una mattina decide di investire la gente e poi si scopre che, da una settimana, diceva di essere vicino allo Stato islamico.
Sui siti jihadisti c’è stata qualche campagna particolare in quest’ultimo periodo?
Da tempo portano avanti una campagna nella quale chiedono di uccidere tutti i cristiani, gli ebrei, non hanno mai smesso un secondo. Odiano il Natale, vogliono che non si festeggi; per questo invitano a entrare nelle chiese e a uccidere: è il tono normale dei loro messaggi.
L’allarme per il terrorismo è ancora alto in Europa?
In Francia è stata appena dichiarata la massima allerta per il timore di attentati in occasione di eventi pubblici, ma anche in Germania e in Italia non si è abbassata la guardia.
Nei messaggi di propaganda, ci sono riferimenti alla questione palestinese, al Medio Oriente, a Israele?
Si usano diversi argomenti. ISIS e Hamas, per esempio, si odiano: Hamas ha impedito all’ISIS di entrare nella Striscia di Gaza. Quando ci fu l’attacco del 7 ottobre 2023, prima di avere una presa di posizione dello Stato islamico, ci sono volute tre settimane: non si citava Hamas, invitando comunque a colpire Israele. Per Al-Qaeda è diverso: ha sempre parlato della questione palestinese.
(Paolo Rossetti)
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