«L’emergenza sanitaria ha fatto emergere criticità che la politica non ha avuto la forza di affrontare in questi anni: dalla questione femminile,con la disparità salariale e non solo fra uomini e donne, al rapporto fra Stato e Regioni», così spiega oggi, a margine del lungo vertice ancora in corso a Palazzo Chigi sul destino del Decreto Rilancio, la Ministra dell’Agricoltura e capo delegazione di Italia Viva Teresa Bellanova. Dopo il fortissimo scontro sulla “sanatoria” agli immigrati irregolari nel maxi-decreto economico in rampa di lancio – ancora non è stata trovata la via ufficiale tra le istanze di M5s da una parte e renziani dall’altra – la titolare dell’Agricoltura torna sui punti che ancora non convincono Italia Viva, in primis quello da anni dibattuto sulla riforma del Titolo V: «è un tema non più rinviabile a costo di cedere qualche elemento di sovranità o qualche rendita di posizione, perché tutto il modello è da rivedere senza cadere negli opposti estremismi tra centralizzazione e decentramento». Secondo la Ministra Bellanova, l’attuale fase 2 dovrà servire nei prossimi mesi per «ridurre disuguaglianze» e non per «crearne di ulteriori».



LA VIA RENZIANA AL TITOLO V

Nel pieno dell’emergenza coronavirus il grado di scontro tra le Regioni e lo Stato Centrale è stato acuito in più di un’occasione da diversi temi all’ordine del giorno: i materiali di protezione, la “centralizzazione” della Protezione Civile, la differenziazioni sulle zone rosse e le ripartenze e poi ancora i temi sanitari e fiscali. Insomma, tra il Governo Conte e le diverse Regioni (tema del tutto bipartisan, dalle “leghiste” Lombardia e Veneto fino all’Emilia Romagna del Pd di Bonaccini arrivando alla Calabria della azzurra Santelli e la Campania dello “sceriffo” De Luca) i rapporti si sono raffreddati ulteriormente come del resto giù avveniva prima dell’emergenza Covid per il tema mai più risolto dell’autonomia differenziata. Secondo la Bellanova e lo stesso Matteo Renzi, proprio sul tema delle ripartenze si evince la difficoltà della riforma sul Titolo V (rapporto tra Stato ed Enti Locali): nel 2001 il referendum popolare aveva premiato il decentramento amministrativo sulle materie concorrenti tra Stato e Regioni, mentre il famoso “referendum Renzi” del dicembre 2016 invece tentò di ridurre il più possibile questo decentramento riportando in capo allo Stato la competenza legislativa in diverse materie ed introducendo una “clausola di supremazia” statale.



Il risultato fu fallimentare per l’allora Pd di Renzi e Boschi e oggi, secondo Italia Viva, proprio da lì si dovrebbe ripartire: «È una vergogna che ci sia un sistema di questo genere e siamo tra quelli che hanno tentato in vano di cambiarlo: il Titolo V è una sciagura. Detto questo, io sto dalla parte di quelli che dicono attenzione a non capire il disastro che si sta creando a quelli che non sono garantiti» ha spiegato Renzi ospite di Bruno Vespa. Al netto di ciò, la via “renziana” al momento prevede non tanto un’attenzione sulla divisione tra Stato e Regioni ma appunto tra «garantiti e non»: ancora l’ex Premier lo ricordava a Porta a Porta solo la scorsa settimana, «Il dipendente pubblico ha lo stipendio, il parlamentare ha lo stipendio. C’è una parte della popolazione che la notte sbatte la testa contro il muro perché ha il ristorante chiuso. Il mondo italiano non è diviso fra Regioni e stato. La cosa che mi sconvolge oggi è il pizzaiolo: se ha messo qualcuno in cassa integrazione, sta aspettando la cassa integrazione. Questa gente qui sta morendo e se muore questa gente muoiono le nostre città».

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