MARCO BELLOCCHIO, IL REGISTA DI “RAPITO” SI CONFESSA: “NON SONO ATEO MA ANTICLERICALE”
«Anticlericale sì ma non chiamatemi ateo»: lo ha detto in una lunga intervista a “La Verità” il regista Marco Bellocchio, di ritorno dagli applausi e complimenti ricevuti all’ultimo Festival dl Cinema di Cannes. Il suo “Rapito” – film sulla controversa vicenda umana di Edgardo Mortara, bimbo di una antica famiglia ebraica battezzato di nascosto dalla tata verso metà Ottocento e poi “prelevato” dalla Santa Sede per crescerlo nell’educazione e fede cattolica – ha messo in luce un tema ricorrente in tanti dei suoi lavori al cinema: se Bellocchio è ostile alla istituzione umana della Chiesa, lo è molto meno con il contenuto e il mistero stesso della fede cristiana.
«Non sono ateo», chiarisce il regista, «l’ateismo ha in sé qualcosa di militante contro la religione che non è in me. Sono non credente ma non ho bisogno di affermarlo». Per Bellocchio in questi tempi molto più che complicati, «laddove si trovassero momenti di dialogo senza pretendere che un credente rinunci alla fede o, al contrario, che voglia convertirmi, il mondo troverebbe nuove risorse». Se vede un credente, ammette il cineasta, «non è che sia attratto ma lo ascolto. Capita che mi chieda: “lui crede e io no, come è possibile?”. A volte quando vede rappresentata la fede nell’arte e nel grande cinema, quello di Dreyer, succede che mi commuovo». Piuttosto quindi Bellocchio ama definirsi anticlericale, elemento che spesso ritorna in tanti dei suoi capolavori: «Nel mio caso, può derivare dall’educazione che ho ricevuto fatta di messaggi violenti: “Devi essere sempre in grazia di Dio, perché se muori vai all’inferno per sempre”. Sono stato educato con questi principi».
BELLOCCHIO: “IL MINISTRO ROCCELLA DOVEVA PARLARE AL SALONE DEL LIBRO”
Secondo la visione piuttosto personale e “parziale” di Bellocchio, oggi un prete aperto non userebbe mai espressioni di quelle legate al passato e all’infanzia del regista 83enne: «Ma a me è andata così, infatti per molti anni ho avuto paura. Poi, con l’adolescenza, mi sono emancipato». Nell’ultimo film “Rapito” è presente una scena piuttosto iconica in cui sogna di “schiodare” Cristo crocifisso che compie un atto di riparazione per conto del popolo ebraico: «Gli dicono che il suo popolo è responsabile dell’uccisione di Dio, un’accusa che ora la Chiesa ha cancellato. E lui, vedendo e rivedendo questo crocifisso, immagina che, liberandolo dai chiodi, può aiutare una riconciliazione che gli permetta di non rinnegare la nuova religione e di riconciliarsi con la vecchia».
Nell’intervista a “La Verità” il collega Caverzan prova a “punzecchiare” Bellocchio rispetto alle tematiche politiche anche più attuali, chiedendo prima se è vero che esiste ancora oggi una egemonia della sinistra sul cinema e la cultura, poi offrendo lo spazio per un breve commento su quanto successo negli scorsi giorni al Salone del Libro di Torino con l’intervento del Ministro Eugenia Roccella censurato da gruppi di sinistra, femministe e eco-attivisti. «Si diceva che così fosse», riferendosi all’egemonia della sinistra, sottolineando però come ormai «le carte si sono mescolate. Con la sinistra egemone non sono mai stato iscritto al PCI […] c’erano distinzioni tra socialisti e comunisti, comunque la sinistra era dominante». Guardando alla sinistra di oggi, qualche tirata d’orecchie arriva da Bellocchio: «Penso che se si invita una persona a presentare il suo libro, ministro o non ministro, non si può impedirle di parlare. Poi, certo, c’è l’esuberanza dei giovani… Ma anche l’avversario ha diritto di parlare: impedirglielo è sbagliato».