BEN GVIR SULLA SPIANATA FA ARRABBIARE TUTTI: PALESTINESI, USA E NETANYAHU. CHE COS’È SUCCESSO

Alla vigilia delle decisive (forse) trattative per la guerra a Gaza tra Israele e Hamas, e mentre incombe l’eventuale attacco di rappresaglia dall’Iran, il Ministro per la Sicurezza Nazionale Ben Gvir torna a pregare sulla Spianata delle Moschee scatenando una polemica politica e religiosa che rischia di far esplodere la tensione a Gerusalemme. Tra i ministri già più criticati del Gabinetto di guerra a guida Netanyahu – per le sue note credenze ultraortodosse ebraiche, oltre che esponente della destra più estrema in Israele – Ben Gvir si è recato nelle scorse ore sul Monte del Tempio (il nome ebraico della Spianata delle Moschee) per pregare i occasione della festività di Tischa B’Av, che ricorda per l’appunto la distruzione del primo Tempio di Gerusalemme.



«La nostra politica è quella di permettere la preghiera» ha detto il ministro e per questo motivo si è recato sulla Spianata, provocando la reazione della comunità islamica, dei palestinesi e in generale di mezzo Medio Oriente che vede nell’atto di Ben Gvir una provocazione in pieno rischio escalation tra Iran, Hamas e Israele. «Siamo contrari a qualsiasi tentativo di cambiare lo status quo dei luoghi santi», è la reazione netta del vice portavoce delle Nazioni Unite, Farhan Haq, che segue quanto già dagli Usa era stato condannato come un atto scellerato. Secondo il segretario di Stato americano, Antony Blinken (che ha in programma nelle prossime ore un viaggio d’emergenza in Medio Oriente per provare a disinnescare l’attacco iraniano contro Israele), «Queste azioni provocatorie non fanno che esacerbare le tensioni in un momento cruciale in cui tutta l’attenzione dovrebbe essere rivolta agli sforzi diplomatici per raggiungere un accordo di cessate il fuoco e garantire il rilascio di tutti gli ostaggi e creare le condizioni per una più ampia stabilità regionale».



PERCHÈ LA PREGHIERA DEL MINISTRO BEN GVIR ALLA SPIANATA DELLE MOSCHEE È RITENUTA UNA PROVOCAZIONE

La preghiera di Itamar Ben Gvir non è stata “solitaria” e ha visto anche un gruppo di ebrei ortodossi sostenere l’azione del Ministro invitando alla “rioccupazione” di spazi considerati di tradizione sionista: contro il suo stesso esponente di Governo che già lo “ricatta” politicamente minacciando l’uscita dall’esecutivo in caso di accordo con Hamas per il cessate il fuoco a Gaza, anche il Premier Netanyahu ha accolto tutt’altro che favorevolmente la salita alla Spianata delle Moschee.



«Sono il governo e il primo ministro a determinare la politica sul Monte del Tempio. Non esiste una politica privata, né del ministro della Sicurezza Nazionale né di nessun altro», si legge nella nota del capo di Governo, definendo l’azione di Ben Gvir come «una deviazione dello status quo». La storia recente di Gerusalemme porta con sé direttamente la risposta sul perché è stata considerata una provocazione quella del Ministro, tra l’altro ripetuta dopo che già nel gennaio 2023 e così pure a fine dello scorso anno: il gesto di Ben Gvir è ritenuto grave in quanto viola effettivamente l’accordo raggiunto da Israele e Giordania nel 1967 (poi ribadito anche nel 1994 e nel 2014).

La preghiera nella Spianata delle Moschee è riservata ai fedeli musulmani, che lì vi contemplano l’assunzione in cielo del profeta Maometto (dove è situata la “Cupola della Roccia”: luogo molto caro anche ai cristiani per la presenza di numerosi episodi della vita di Gesù, per gli ebrei il “Monte del Tempio” ricorda le traversie passate con le persecuzioni anti-ebraiche che portarono alla distruzione della Città Santa. Dopo che le varie guerre arabo-israeliane si sono consumate in Medio Oriente, l’accordo ha dato gestione dell’area al Fondo Religioso Islamico, garantito dallo Stato di Giordania. I fedeli cristiani ed ebrei possono accedere al sito ma non pregare o esporre simboli, se non con permessi speciali: Ben Gvir arrivando con alcune decine di ortodossi, oltre ai sostenitori del suo partito di destra “Otzma Yehudit”, ha di fatto “rotto” lo status quo offrendo motivo di ulteriore astio tra Israele e i popoli arabi.