Benedetta Tobagi, figlia di Walter Tobagi, giornalista, inviato e firma del “Corriere della Sera” assassinato dalla Brigata 28 marzo in un agguato terroristico a Milano il 28 maggio 1980, è intervenuta ai microfoni di “Soul”, trasmissione di Tv 2000. “Avevo 3 anni e mezzo, ma ricordo il giorno dell’omicidio – ha raccontato la donna, oggi a sua volta giornalista, scrittrice e storica –. Io ho sentito subito che per raccontare il mio papà dovevo raccontare anche il mondo in cui lui viveva. Il mio vissuto era la cassa di risonanza di uno strumento musicale, quindi potevo trovare parole per un’esperienza che non è stata solo mia”.
A proposito del padre Walter, Benedetta Tobagi ha affermato che “mi ha colpito come la sua storia fosse la coda lunga e sanguinosa del terrorismo italiano, che non si concluse con l’uccisione di Aldo Moro. Anche se la voce e la vita di mio padre sono state spezzate, sono in realtà ancora importanti per molte persone. È importante riappropriarsi del proprio lignaggio e mettersi in relazione con chi si è e con la propria eredità. Il fatto che sia stato assassinato un genitore importante ti costringe a fare i conti con quanto accaduto e ti fa decidere quale strada seguire”.
BENEDETTA TOBAGI, FIGLIA DI WALTER: “IL PERDONO È UN TEMA COMPLESSO”
Nel prosieguo di “Soul”, Benedetta Tobagi ha rivelato che, quando aveva 17 anni, il suo idolo era “Ivan Karamazov, che restituisce il biglietto d’ingresso in un mondo in cui ci sono troppo dolore e violenza ingiusta. Io sono stata tanto colpita quando ho sentito Giovanni Bachelet pregare, anche a nome della sua famiglia, per i brigatisti che uccisero suo padre”.
E, ancora: “Devo dire che trovo molto bello il discorso ebraico sul perdono, perché il perdono ha a che fare con un ritorno, con una conversione. Per me è stato importante restituire complessità a questo tema del perdono, ma anche restituirlo a una vita privata. Tante volte si mettono sul palcoscenico carnefici e vittime per non parlare del vero rapporto da ricucire, quello tra cittadini e Stato”.