Per la sua prima uscita pubblica il neoministro della Cultura Gennaro Sangiuliano – giornalista, scrittore, docente universitario – ha scelto l’Istituto italiano per gli studi storici fondato nel 1946 da Benedetto Croce. La scelta ha almeno due buone motivazioni: inaugurare il mandato nella sua Napoli e rendere omaggio alla personalità che più di altre ha influenzato il suo pensiero che, a dispetto di ciò che scrivono i critici di professione, si è sempre mantenuto chiaro e coerente.



Oggi come ieri appare utile riandare alla concezione di libertà del filosofo abruzzese (ma naturalizzato all’ombra del Vesuvio) che nel saggio “L’Idea Liberale” intravedeva nella fiacca o confusa coscienza di che cosa essa veramente fosse “uno dei segni più gravi dell’odierno smarrimento”. Per don Benedetto la libertà non è una cosa, ma “il principio supremo della vita morale e veramente umana, e non è conseguenza di altre cose, ma la premessa di tutte le altre”.



Forte, vero? Di conseguenza, tutti i partiti politici – “radicale, socialistico, comunistico, cattolico e ci si aggiunga pure nazionalistico, razzistico, anarchico” – dovrebbero appropriarsi di questa idea di libertà come principio mentre il partito liberale “che mantiene la libertà per tutti dovrebbe definirsi un partito senza partito”. Insomma, la libertà prima di tutto, sopra tutto, più di tutto. Ma di quale libertà si tratta? Non certo quella di fare allegramente ciò che si vuole bensì di fare volontariamente ciò che si deve.

E di difendere con convinzione le proprie opinioni marcando la differenza tra le une e le altre senza giungere a quella finta marmellata delle idee che è l’opposto di come dovrebbe presentarsi la lotta politica. Croce esorta gli uomini (e le donne) del suo tempo – che stavano uscendo dall’incubo della Seconda guerra mondiale – a condurre la battaglia politica con coraggio e lealtà, ciascun esponente di questa o quella parte pronto a difendere le ragioni della fetta o strato di popolazione che s’intende rappresentare.



Se questa idea di libertà diventasse patrimonio comune avremo come conseguenza che il dibattito si farà più vero e vivace, magari anche più feroce di quanto oggi non avvenga – con maggioranze e opposizioni dai contorni poco distinguibili -, ma comunque rispettoso delle posizioni altrui proprio in virtù e in ossequio al principio dei principi che vuole la libertà – e il suo religioso rispetto – al di sopra di ogni cosa. Ogni confronto, dentro i partiti e tra i partiti, diventerebbe più schietto e franco. Magari più brutale ma sempre sincero.

L’invito è dunque a non mascherare mai il proprio pensiero e contribuire invece con quello alla battaglia delle idee indispensabile per far muovere in avanti la società sotto tutti i profili ai quali può essere interessata. Si darebbe così la morte alle pericolose derive dell’ipocrisia, del conformismo, del patto collusivo. Tutte manifestazioni di rapporti malati che nascono più per nascondere che per mettere in evidenza finendo così ad alimentare la confusione del pensiero e nelle relazioni umane. L’esatto contrario di ciò che serve per maturare.

Forse così – diremmo oggi – si potrebbe anche curare la piaga dell’astensionismo dal voto che è espressione dell’allontanamento progressivo dall’interesse per la cosa pubblica perché tanto nulla cambia con la mia partecipazione e tutto passa sulla mia testa qualunque cosa dica o faccia. Forse Sangiuliano – che non si mai tirato indietro nella battaglia delle idee – avrà pensato anche a questo quando ha scelto di onorare la figura e la tradizione culturale del nume tutelare della Libertà, don Benedetto Croce.

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