IL DIALOGO CON L’ISLAM: L’ANTICIPAZIONE DEL SAGGIO POSTUMO DI BENEDETTO XVI
Su “La Repubblica” viene pubblicata oggi una lunga anticipazione tratta dal libro postumo di Benedetto XVI, quello che il Papa Emerito Joseph Ratzinger considerava il suo “testamento spirituale”. “Che cos’è il Cristianesimo” è il titolo del saggio disponibile per Mondadori e che affronta tutti i temi considerati dal Santo Padre fondamentali per lo sviluppo e la storia della religione cristiana. Benedetto XVI ha voluto con forza che il saggio fosse pubblicato solo in data postuma alla sua scomparsa e così il suo desiderio è stato rispettato: ci troviamo di fronte ad un potenziale capolavoro teologico come i tanti volumi che lo hanno preceduto e che hanno sempre messo al centro del messaggio ratzingeriano la volontà di testimoniare con semplicità la fede cristiana. Fin dal primo “Introduzione al cristianesimo”, autentico caposaldo della dottrina cristiana, a questo ultimo “Che cos’è il cristianesimo”: il lascito di Papa Ratzinger prova ad avvicinare da vicino i temi considerati cruciali per il futuro della religione e cultura dell’Occidente.
In particolare è nel dialogo con l’Islam che si concentra l’estratto scelto da “La Repubblica” e proposto come anticipazione: «Di continuo mi capita di constatare come i dialoghi cristiano-islamici non solo siano caratterizzati, a livello contenutistico, da un’insufficiente conoscenza dei testi sacri del cristianesimo e dell’islam, ma come, anche strutturalmente, siano impostati in modo errato», analizza il Santo Padre che con il celebre Discorso di Ratisbona del 2006 pose per la prima volta con nettezza l’intento di dialogo “franco” con i fratelli di religione musulmana. Secondo Benedetto XVI, «Da un lato viene rilevato che sia nel Corano sia nella Bibbia cristiana si parla della misericordia di Dio, e dunque è presente l’imperativo dell’amore, dall’altro che in ambedue i testi viene insegnata anche la violenza. E così, come ponendosi al di sopra delle due religioni e delle loro fonti, si afferma: in ambedue c’è del buono e del cattivo; è dunque necessario che interpretiamo i testi a partire da un’ermeneutica dell’amore opponendoci poi, con riguardo a entrambi, alla violenza». Così facendo però, riflette il Papa Emerito scomparso il 30 dicembre 2022, «si misconoscono fondamentali differenze strutturali che si riferiscono a diversi piani». In primo luogo, il Conando è un unico libro che vene sviluppato in situazioni diverse nel corso della vita di Maometto: tale testo sacro però, spiega Ratzinger, «è però considerato non come opera di un uomo ma come direttamente ispirato da Dio e avanza perciò, per ogni sua parte, la pretesa di possedere un’autorità proveniente da Dio».
BENEDETTO XVI: BIBBIA E CORANO, DA DOVE RIPARTIRE PER UN DIALOGO PROFICUO
Sono in tutto tre gli elementi fondamentali che differenziano in maniera strutturale la Bibbia cristiana e il Corano dell’Islam, scrive Papa Benedetto XVI nel suo ultimo saggio: «La Sacra Scrittura dei cristiani non è un libro, bensì una raccolta, maturata in una storia di circa mille anni, di libri differenti con una differente pretesa teologica. Secondo la fede degli ebrei come dei cristiani, essi non sono dettati direttamente da Dio ma, provenienti in modo diverso da lui, sono un’interpretazione del cammino che la comunità del popolo di Dio fa sotto la sua guida. Sono Parola di Dio mediata dalla parola dell’uomo. La loro autorità è differente, e solo nel complesso del cammino che essi rappresentano le singole parti possono essere intese correttamente».
Per il Santo Padre emerito però, all’interno della tradizione cristiana, vi è una ulteriore suddivisione qualitativa tra Antico e Nuovo Testamento nella Bibbia: «Per gli ebrei solo l’Antico Testamento è “Bibbia”. Per i cristiani, invece, è possibile capire correttamente l’Antico Testamento solo a partire dalla nuova interpretazione che esso ha avuto nella parola e nell’azione di Gesù Cristo. Essa è validamente testimoniata nel Nuovo Testamento». Nella prospettiva di Cristo, è solo a partire dal Nuovo Testamento che è possibile stabilire «quale sia il significato teologico permanente dell’Antico». Per questo motivo, spiega ancora Benedetto XVI, non è possibile parlare di una «ispirazione verbale della Bibbia» come invece viene affermato dall’Islam sul Corano. «Il senso e l’autorità delle singole parti possono essere colti correttamente solo nell’insieme e a partire dalla luce dell’avvenimento di Cristo», avverte il Papa Emerito nel suo libro postumo. La fede cristiana perciò non può essere definita come la «religione del Libro» e la Sacra Scrittura parla solo nella comunità vivente della Chiesa: «Da un lato la Chiesa sottostà chiaramente alla Parola di Dio, dovendosi sempre lasciar guidare e giudicare da essa, dall’altro però la Scrittura, a partire dal suo insieme, può essere interpretata adeguatamente solo nella Chiesa vivente». In questo modo parlare di dialogo tra Islam e Cristianesimo può avvenire solo se si riconosce con sincerità le effettive modalità di comunicare la fede e la verità: «la Bibbia alla lettera semplicemente non sta in piedi. Chi considera queste differenze strutturali si guarderà da affrettati paralleli».