Caro direttore,
condivido un ricordo molto semplice ma per me significativo di Benedetto XVI.
12 marzo 2016. Insieme a tutti i Cavalieri (un’esperienza di amicizia cristiana vissuta coi ragazzi delle scuole medie) partecipiamo ad una udienza straordinaria (veniva fatta di sabato) in Piazza San Pietro: più di 5mila ragazzi festanti che, insieme a Papa Francesco, vogliono vivere l’anno del giubileo della Misericordia.
In quell’occasione, per una serie di fortunate coincidenze, con il mio gruppo (I cavalieri di Sobieski, più o meno 300 ragazzi) riusciamo ad entrare nei giardini vaticani ed incontrare anche Papa Benedetto al termine del suo rosario pomeridiano. L’udienza con il Papa è stata preceduta da un lavoro di preparazione fatto con i ragazzi, al termine del quale ciascuno poteva scrivere a Papa Francesco una lettera che poi sarebbe stata consegnata personalmente al Santo Padre.
Ricordo che uno dei miei ragazzi, Andrea, di terza media, aveva scritto più o meno queste parole: “Caro Papa ultimamente tutte le cose che mi vengono dette mi sembrano solo favole, anche la Chiesa stessa, la messa, i riti, il Papa (senza offesa) mi sembra tutto un grande imbroglio”. Colpito da questa provocazione avevo provato a parlare con Andrea che però era rimasto inamovibile nella sua posizione. Quando, quel pomeriggio, dopo l’udienza attendevamo di incontrare il papa Emerito, mi sono tornate in mente le parole di Andrea, allora gli ho fatto una proposta: “Visto che incontriamo Papa Benedetto, rivolgi a lui la domanda, chi meglio di lui può rispondere?”. Sorprendentemente accetta con entusiasmo ed in modo, mi viene da dire, coraggioso.
Arriva dunque il momento. Attraversiamo silenziosamente i Giardini vaticani e ci disponiamo vicino alla grotta di Lourdes, la cappella scavata nella roccia dove Papa Benedetto andava a pregare. Gli occhi dei ragazzi stupiti e desiderosi, puntati su quella figura bianca che si avvicina piano, appoggiata ad un supporto per sostenere la camminata incerta. Lo sguardo no, quello è sempre intenso e profondo. Lo saluto, mi fermo a chiacchierare un po’ con lui. Mi colpisce la passione e l’interesse con cui chiede di questi ragazzi: mi domanda della loro educazione, della proposta che facciamo loro. Vuole sapere della situazione educativa generale e che cosa ne penso. Mi stupisce profondamente trovare, in un uomo della sua statura, questo desiderio incredibile di imparare da tutti, anche dall’ultimo prete qual ero e sono io.
Dopo i saluti cantiamo una canzone, “La preferenza”. Lui la ascolta, con attenzione, e fa un commento spettacolare che cito a memoria: “Avete cantato ‘aspettavo chi avesse in fondo lo stesso desiderio’, ecco, io e voi abbiamo lo stesso desiderio, di essere felici, per questo sono vostro amico: perché ho lo stesso desiderio, di essere felice, sono uno di voi! E c’è anche un grande amico con noi, che è Gesù, che questo desiderio lo prende sul serio e vi risponde”.
Semplice, profondo, geniale. Quando arriva il momento di congedarci, i ragazzi si avvicinano per un saluto. Dopo i primi, tocca ad Andrea. Aspettavo questo momento per vedere come il Papa avrebbe risposto a quella domanda così provocante, ma il dialogo che ne segue è assolutamente imprevedibile. Andrea si avvicina, stringe la mano al Papa… e sta zitto! Io tra me penso: “parla! Digli tutto!”. E invece Andrea continua a stare zitto, tanto che a un certo punto il Papa, per rompere il silenzio, gli chiede: “Che materia ti piace a scuola?”. “Matematica”. “Grazie” e il dialogo finisce qui.
Io ero esterrefatto: e la domanda? E la grande questione che tutto sembra un una finzione? Ho aspettato che finisse tutto, e dopo aver salutato e ringraziato il Papa sono andato da Andrea. “Ma allora? La domanda, perché non gliel’hai fatta?” “Guarda, appena sono stato davanti a lui e l’ho guardato negli occhi ho capito che quello che dice non è una favola ma è reale. Non so come, ma ho capito che è tutto vero”.
Ancora oggi, dopo tanti anni, Andrea ripete che quello per lui è stato il “bel giorno”. Cosa ha reso possibile quel cambiamento? Aver incontrato un uomo lieto, che viveva in pienezza tutta la sua umanità esaltata dal suo rapporto con Cristo. I ragazzi – come dice Papa Francesco – hanno fiuto, ed è bastato incrociare lo sguardo di un uomo così per permettere a Cristo di conquistare il cuore di Andrea… e anche il mio. Grazie,
don Marcello Brambilla
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