IL VINCITORE DEL PREMIO RATZINGER RIPERCORRE LA TEOLOGIA DI BENEDETTO XVI
«La religione deve trovare nella ragione un punto di riferimento, il proprio fondamento»: lo dice a “La Croix” Michel Fédou, teologo e vincitore del Premio Ratzinger nel 2022. A pochi giorni dai funerali solenni in Vaticano, la memoria culturale, teologica e religiosa del Papa Emerito viene raccontata dallo studioso che ha dedicato gran parte della vita allo studio sui testi e i contenuti della teologia ratzingeriana. «Di Papa Benedetto XVI come teologò ricordo la sua insistenza sul legame tra fede e ragione, tra ragione e religione», spiega aprendo l’intervista Fédou.
Un rapporto che si completa in entrambe le direzioni, la fede con la ragione e la medesima con il senso religioso: «Per lui, questo è radicato nella testimonianza della Chiesa primitiva, data l’importanza che il cristianesimo primitivo dava al logos, alla ragione. Ai suoi occhi, l’incontro del cristianesimo con il logos greco non è un puro caso, ma qualcosa di assolutamente essenziale. La posta in gioco è la capacità della fede di esprimersi e di rendere conto di sé in un linguaggio credibile», rileva lo studioso vincitore del Premio dedicato al Pontefice tedesco. Papa Ratzinger non ha mai smesso, neanche da dopo il ritiro a vita privata, di ricordare alla cristianità l’importanza della fede per la ragione e viceversa: «Joseph Ratzinger sostiene che la legge democratica e la ragione secolare non sono sempre in grado di frenare l’uso della forza. Tuttavia, riconosce anche che le religioni non offrono una soluzione semplice alla violenza, perché ci sono “patologie nella religione”».
IL TEOLOGO FÉDOU: “COSÌ BENEDETTO XVI ANDÒ OLTRE IL CONCILIO VATICANO II”
Per questo motivo, Benedetto XVI – secondo il teologo Fédou – continuava a ritenere che la religione debba trovare a sua volta nella ragione «una sorta di punto di riferimento e persino un organo di controllo. Questo vale per tutte le religioni, compreso il cristianesimo». Di contro, rileva il teologo a “La Croix” per Ratzinger la ragione a sua volta deve sempre ricordarsi dei propri limiti: «Le società moderne sono minacciate dal relativismo, che secondo lui è incoraggiato dal pluralismo che caratterizza le nostre società. Egli ritiene che il cristianesimo abbia una responsabilità ineludibile nelle società. Non che questo debba imporre loro cosa fare, ma comunque…». Ripercorrendo la storia e la profondità della teologia di Benedetto XVI, Fedou riconosce l’autentica battaglia messa in campo durante e dopo il Concilio Vaticano II in merito al pericolo marxista: «si denunciava severamente il rischio di collusione con il marxismo e il pericolo di ridurre la categoria della salvezza a quella della liberazione. Qualche tempo dopo, fu emanata una seconda istruzione più aperta, così che il tema dell'”opzione preferenziale per i poveri”, proveniente dalla teologia della liberazione, entrò a far parte del linguaggio del magistero della Chiesa».
Nella dichiarazione “Dominus Iesus” del 2000 (quando era ancora a capo della Congregazione della Fede), l’allora cardinale Ratzinger volle sottolineare «l’unicità di Cristo e l’universalità della proposta di salvezza offerta da Cristo, in un momento in cui le voci teologiche potevano suggerire una certa messa in discussione di queste convinzioni. Credo che oggi dobbiamo guardare a questi interventi come a dei punti di riferimento». Pur non sostenendo tutte le novità implementate, il futuro Papa Benedetto XVI considerò come Padre Henry de Lubac il Concilio una «svolta nella vita della Chiesa. Il Concilio Vaticano II è stato un ritorno alla grande tradizione della Chiesa, in particolare a quella dei Padri della Chiesa, senza essere una pura ripetizione». Ma la profondità teologica e umana del Papa Emerito lo fecero proseguire ben oltre i “vincoli” rimasti nel Concilio: conclude Fédou illustrando come Benedetto XVI seppe andare ben oltre, «nel rispetto della tradizione c’era modo di andare oltre» studiando il «pluralismo radicale delle nostre società». Incontrandolo poche settimane prima del peggioramento delle condizioni, il teologo francese rivela il piccolo aneddoto in Monastero Mater Gratiae: «Quando ho incontrato Benedetto XVI in occasione della consegna del Premio Joseph Ratzinger, mi ha chiesto: “Ci sono opere sull’opera di Karl Rahner in Francia?” Sembra che, fino alla fine della sua vita, fosse consapevole di una differenza tra il suo pensiero e quello di Rahner e che fosse interessato alla ricezione della sua opera».