PAPA EMERITO BENEDETTO XVI VUOLE DIFENDERSI DAVANTI AL GIUDICE NEL PROCESSO SUGLI ABUSI IN BAVIERA

Papa Benedetto XVI non si difenderà “dal processo” bensì “nel processo”: la notizia nell’aria da giorni è ora stata confermata dal Tribunale di Traunstein, nella Baviera tedesca. Per la maxi inchiesta sugli abusi dei preti pedofili nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga (frutto del rapporto presentato nel gennaio 2022), il Papa Emerito Joseph Ratzinger potrebbe intervenire come testimone per la causa civile (per il penale è già scattata la prescrizione, ndr) sui 4 casi che dal 1977 al 1982 coinvolgono indirettamente l’allora Arcivescovo di Monaco, poi Pontefice Benedetto XVI. Il Tribunale ha fatto sapere che finora «l’annuncio della difesa di Ratzinger non presenta elementi di contenuto», ma avrà tempo fino al 24 gennaio 2023 per argomentare e presentare la sua difesa. Una vittima del prete pedofilo Peter Hullermann ha intentato azione legale contro la Chiesa tedesca e la Diocesi bavarese perché non avrebbero preso provvedimenti circa le azioni indegne del sacerdote: oltre a Ratzinger, coinvolto anche il cardinale Friedrich Wetter, suo successore nell’Arcidiocesi.



Dopo che le indagini portarono alla luce le colpevolezze del prete pedofilo e l’annuncio di causa intentata da una delle vittime, lo scorso febbraio il Santo Padre emerito Benedetto XVI rispose con una lunga lettera inviata alla Diocesi di Monaco e Frisinga per esporre la posizione dell’allora Arcivescovo: chiese perdono a nome di tutta la Chiesa Cattolica per il dramma e il dolore della pedofilia. Allo stesso tempo però Ratzinger allontana ogni singola accusa, spiegando di «non essere un bugiardo» e di aver sempre agito per il bene dei più piccoli (come del resto dimostra la più grande opera di “pulizia” all’interno della Santa Chiesa di Dio sia da Cardinale che poi da Pontefice). «Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore e ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa», scriveva il Papa Emerito, chiedendo «perdono» a nome di tutta la Chiesa.



LE ACCUSE A RATZINGER E I DOCUMENTI CHE PROVANO LA SUA INNOCENZA

«Se la Chiesa cattolica e gli imputati – con l’eccezione del prete accusato – si attengono a quello che è costantemente affermato, cioè di mantenere il proprio impegno cristiano e di riconoscere e l’ingiustizia commessa, la causa avrà successo», ha spiegato alla Dpa l’avvocato della vittima di abusi del prete pedofilo Peter Hullermann; «Se non lo fanno, il danno alla loro reputazione sarà ancora più grave e la Chiesa cattolica accelererà l’erosione della fede». Papa Benedetto XVI ha lasciato fin da subito intendere di voler replicare punto su punto perché pur in estrema sintonia e vicinanza con la vittima, non intende lasciar passare il concetto di aver anche solo per un attimo “coperto” l’abominio di abusi su minori. L’accusa principale (e unica) lanciata contro l’allora Arcivescovo Ratzinger riguarda il fatto presunto di non aver sollevato dall’incarico due sacerdoti già accusati in precedenza di abusi pedofili, pur essendo al corrente della vicenda. Ma è proprio questo punto che non solo Ratzinger ma diverse prove documentali contestano primariamente: Benedetto XVI non aveva dato l’ok ad alcun reintegro di attività pastorali dei suddetti preti accusati, bensì aveva acconsentito ad una permanenza in Monaco di Baviera per seguire il trattamento psicoterapeutico (ordinatogli dal vescovo di Essen, ndr). Non venne a conoscenza dei motivi del trasferimento (abusi su minori) e solo in un secondo momento, all’insaputa di Ratzinger, «l’allora vicario generale Gerhard Gruber conferì incarichi pastorali al prete e ammise il fatto nel 2010, diffondendo una nota in cui diceva di aver commesso “un grave errore” e si dichiarava pronto ad assumersi “piena responsabilità», spiega il focus de “La Nuova Bussola Quotidiana”.



Tra l’altro, Hullermann non commise altri crimini su minori fino al 1986 (a Grafing, spostato lì dall’allora cardinale successore di Ratzinger Friedrich Wetter): dal 1982 il futuro Pontefice venne poi incaricato a Roma nuova guida dell’Ex Sant’Uffizio. Le accuse contro Ratzinger si sono poi “aggravate” proprio dopo la lettera composta da Benedetto XVI in difesa del maxi rapporto sulla pedofilia in Baviera. In un primo momento infatti avrebbe sostenuto di non essere stato presente alla riunione dove venne decisa il non allontanamento del prete accusato, salvo poi invece affermare il contrario. Anche su questo punto però le prove dell’innocenza di Ratzinger sono lampanti (come abbiamo spiegato qui, ndr): Padre Federico Lombardi spiega ai media vaticani perché in realtà non avvenne affatto quanto sostenuto dai legali dello studio bavarese «C’è un riferimento anche nella lettera del Papa emerito e poi c’è una spiegazione più dettagliata in un allegato che viene pubblicato, firmato dai consulenti, dagli esperti giuridici che hanno aiutato il Papa nella risposta agli addebiti, sia nella prima risposta che avevano dato, sia adesso in una presa di posizione sintetica e conclusiva su questa vicenda». In sostanza, Ratzinger ha disposto a 4 esperti canonisti di scandagliare ogni accusa/richiesta/testimonianza per poter poi rispondere nel merito ristabilendo la verità. Uno di questi, nel compilare il resoconto dettagliato della posizione di Benedetto XVI all’epoca dei fatti «ha sbagliato a riportare i fatti della famosa riunione del gennaio 1980 nella Diocesi di Monaco, spiegando che l’allora Cardinal Ratzinger non fosse presente», spiegava nei mesi scorsi il vaticanista Don Filippo Di Giacomo in diretta a RaiNews24. Il Papa Emerito assieme agli altri collaboratori, appena resisi conto dell’errore, hanno provveduto a correggere la propria versione con tanto di dichiarazione pubblica e motivata: Ratzinger non voleva far passare anche qui il concetto di volersi “coprire” da eventuali colpe non commesse. L’intera vicenda non ha cambiato di una virgola la posizione ufficiale ribadita ancora da Ratzinger nella lettera pubblica: l’allora arcivescovo di Monaco non era a conoscenza dell’accusa di abusi del sacerdote poi condannato, dunque «l’errore è il risultato di una svista nella redazione, ma non qualcosa che fosse stato consapevolmente scritto per negare una presenza (che del resto risultava dal protocollo della riunione e da altre situazioni) e che quindi non c’era motivo di negare».