“RATZINGER SIA PROCLAMATO DOTTORE DELLA CHIESA”: L’APPELLO DELLO STORICO CARDINALE FILONI
Già nelle ore dei funerali un anno fa del compianto Benedetto XVI, il cardinale Fernando Filoni – per anni stretto collaboratore del Papa Emerito Joseph Ratzinger, nonché Sostituto della Segreteria di Stato e poi Prefetto di Propaganda Fide – l’aveva detto senza molti giri di parole: «Benedetto XVI sia proclamato Dottore della Chiesa». Oggi, ad un anno dalla ri-nascita al cielo del Santo Padre predecessore di Francesco, il cardinale Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme spiega nel dettaglio perché quel nobile e sacro titolo della Chiesa sarebbe idoneo e adatto per la testimonianza umana che è stato Joseph Ratzinger.
«Benedetto XVI non era un arcigno guardiano della fede, sosteneva piuttosto che il Papa non impone niente, ma che propone e poi lascia che lo Spirito faccia il suo lavoro. E oggi torniamo a chiedere: sia proclamato dottore della Chiesa», sottolinea il cardinale Filoni, intervistato da Fabio Marchese Ragona per “Il Giornale”. «Santo subito? se avessi dovuto fare uno striscione avrei forse scritto dottore della Chiesa subito. Perché la sua dottrina, la sua scienza, la sua vita sono stati veramente alla luce di un insegnamento che lui diceva essere un dono di Dio». Per lo storico collaboratore per anni del Papa Emerito, la forza umile e gentile del Santo Padre tedesco ha fatto tanto bene alla Chiesa: «È vero che finora non c’è stato alcun dottore della Chiesa che non sia stato previamente dichiarato santo, ma credo che la santità di vita di quest’uomo fosse chiara a tutti».
IL RICORDO DI FILONI AD UN ANNO DALLA MORTE DI BENEDETTO XVI
Filoni ricorda Papa Benedetto XVI come si fa normalmente con un amico di cui si ha una enorme stima, umana, professionale e in questo caso anche qualcosa di più: «Era un uomo estremamente amabile, che ascoltava. Anche davanti alle varie problematiche, prima di parlare, diceva: Ma lei che ne pensa? E come si potrebbe fare?. Non era un uomo che parlava come se avesse una scienza infusa, aveva bisogno del consiglio, di questo essere accompagnato, perché sentiva che il ministero petrino per lui non era da vivere da solo, ma con tutti i collaboratori e con la Chiesa». Attenzione per l’altro, amabilità e profondo rispetto per il pensiero del suo interlocutore: «La sua timidezza era legata al suo carattere rispettoso, non nasceva dalla paura o dal non sapere. Quando doveva decidere invece era fermo», ricorda ancora il cardinale Filoni al “Giornale”.
Era timido e semplice al tempo stesso ed è stato profondamente ingiusto il modo in cui molti lo hanno trattato, sia dentro che fuori la Chiesa: secondo il prelato, «era da meravigliarsi fin dall’inizio quando si leggevano espressioni pesanti contro Papa Ratzinger, come se fosse un guardiano arcigno della fede. Lui invece diceva una cosa: Il Papa non impone niente, il Papa propone e poi lascia che lo Spirito di Dio faccia il suo lavoro». Ma in tutti i casi in cui sono state polemiche, la risposta di Benedetto XVI non è mai stata la “ripicca” o la “frecciata” politicamente magari anche sensata in quel mondo: «In tante situazioni ritengo che certi aspetti della polemica siano poi rientrati quasi naturalmente nel momento in cui ha fatto questo enorme e misterioso gesto della rinuncia. Lì si è visto chi era Benedetto XVI: un uomo non attaccato al potere che difendeva la verità». Parlare di eredità per un uomo come Ratzinger è qualcosa di tanto serio quanto in realtà molto semplice: al netto dell’iter sul Dottore della Chiesa che potrebbe effettivamente scattare non tra molto tempo, il cardinale Filoni si dice certo di un elemento: «è stato il più grande teologo degli ultimi 2-3 secoli. Ma non ha scritto tanto per scrivere, ha scritto perché sentiva di dover comunicare un messaggio del Signore. Tutto ciò che lui ha scritto e detto è stato frutto di una condivisione di quei doni che Dio gli aveva dato: conoscenza, intelligenza e sapienza». Ratzinger, chiosa Filoni, aveva un giudizio sulla realtà del mondo tutt’altro che “austero”: «parlava per amore della verità e perché aveva visto che il nostro tempo stava perdendo la coscienza di Dio: Ratzinger riteneva che la coscienza fosse il sacrario più intimo e profondo dell’uomo, dove nessuno può mai metterci mano, a meno di dissacrare l’uomo stesso».