E’ stato presentato negli scorsi giorni l’undicesimo Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes), strumento che permette di valutare e monitorare la nostra società. E’ basato su 152 indicatori che sono a loro volta raggruppati in 12 domini, e permette di avere il polso su risorse fisiche, patrimoniali, culturali e di capitale umano e sociale del nostro Paese, così come scrive La Stampa. Non si può misurare il benessere di una società solo in termini economici ma anche dalle qualità del contesto sociale e ambientale e dallo sviluppo delle capacità di ognuno di noi.



A riguardo il rapporto Bes permette di fornire dei dati per capire a che punto siamo nel ridurre le diseguaglianze economiche, ma anche la qualità della vita, l’istruzione e la salute, l’inquinamento, la sicurezza, l’accessibilità ai servizi e molto altro ancora. I dati forniscono anche le diseguaglianze di genere in particolare sul mercato del lavoro, ma anche la distribuzione del potere di decidere la direzione che deve prendere la società nel suo complesso. I



RAPPORTO BES: “RISPETTO AI 27 STATI MEMBRI L’ITALIA…”

Infine, offre una fotografia delle differenze dei vari territori. Il rapporto 2023 mostra dei dati in miglioramento su base annua per più della metà degli indicatori, in particolare per quanto riguarda benessere economico, del benessere soggettivo e dell’istruzione e formazione. C’è stato però un peggioramento del 30 per cento degli stessi indicatori, in particolare in ambiente e sicurezza.

Rispetto alla media dei Paesi Europei, i 27 stati membri, l’Italia si trova in una posizione di svantaggio per quanto riguarda la maggior parte degli indicatori che si possono confrontare e a riguardo La Stampa elenca in particolare “’incidenza del part time involontario, il tasso di inattività (specie delle donne), il basso tasso di occupazione femminile, l’alta percentuale di Neet e viceversa nella bassa percentuale di laureati/e”.



RAPPORTO BES: “ISTRUZIONE E DONNE…”

Sono state fornite anche delle diseguaglianze a livello di istruzione, che storicamente viene considerato uno dei principali indicatori del benessere. A riguardo viene specificato che l’incidenza della povertà assoluta diminuisce con il crescere del titolo di studio; nel dettaglio è al 13,6 per cento per chi ha al massimo la licenza media e scende invece al 2,2 per chi ha un titolo terziario. Lo stesso trend si riscontra anche per il rischio di povertà reddituale: chi ha un titolo di studio più basso è a rischio (uno su quattro), contro l’8,7 per cento per chi ha un titolo di studio più elevato.

Essere maggiormente istruiti permette alle donne di poter entrare nel mercato del lavoro e di mantenerlo nonostante eventuali responsabilità famigliari. Inoltre il livello di istruzione va ad influenzare positivamente anche la salute e il benessere soggettivo, ovvero, la fiducia verso il futuro, e la soddisfazione di lavoro e relazioni amicali. “Questo nesso tra istruzione e benessere è un campanello d’allarme non solo per oggi, ma per il futuro”, conclude il quotidiano La Stampa.