Da 32 anni in carcere, la pesantissima ombra di un’ingiusta detenzione e di un errore giudiziario che potrebbe essere il più clamoroso della storia italiana. È la storia di Beniamino Zuncheddu, 59 anni originario di Burcei, condannato all’ergastolo in via definitiva per il triplice omicidio avvenuto in Sardegna nel 1991, la cosiddetta “strage di Sinnai” in cui furono uccisi tre pastori, e detenuto a Cagliari senza mai perdere la speranza del ritorno in libertà. Il processo di revisione che si celebra a Roma davanti ai giudici della Corte d’appello potrebbe portare alla svolta riscrivendo la vicenda e la sorte dell’uomo.



Poche ore fa, un colpo di scena in aula: Luigi Pinna, unico sopravvissuto e diventato teste chiave dell’accusa a seguito del riconoscimento di Beniamino Zuncheddu quale autore dei delitti, sarebbe crollato durante la sua deposizione ammettendo, decenni dopo, che un agente gli avrebbe mostrato la foto di Zuncheddu prima di parlare con il pm. Il poliziotto, stando a quanto dichiarato dal testimone numero uno del caso, gli avrebbe detto che Zuncheddu era il responsabile. Era stata la Procura generale di Cagliari, per prima, a chiedere la revisione del processo con una istanza di 125 pagine, riporta Cagliaripad, in cui erano condensate tutte le incongruenze che avrebbero instillato profondi dubbi sull’effettiva colpevolezza dell’uomo. Una causa sposata dal Partito Radicale che chiede giustizia insieme ai familiari del detenuto e a decine di persone da sempre convinte della sua totale estraneità ai fatti.



Beniamino Zuncheddu, il teste chiave dell’accusa crolla in aula: “Fu un agente a indicarmi il colpevole”

Le parole di Luigi Pinna, 62 anni, hanno il sapore di una deflagrazione che potrebbe portare alla scarcerazione di Beniamino Zuncheddu dopo 32 anni di reclusione per la strage di Sinnai del 1991. Nel processo di revisione a Roma, il testimone avrebbe ammesso di essere stato “imboccato” nel riconoscimento da un poliziotto prima di rendere le sue dichiarazioni al pubblico ministero. Una rivelazione che potenzialmente pesa come un macigno sul piatto della bilancia di un presunto errore giudiziario senza precedenti. “Prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Beniamino Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così“. Cadrebbe così la “prova regina” che inchiodò l’ex allevatore oggi 59enne all’ergastolo.



Ma non è la sola dichiarazione esplosiva resa da Pinna davanti ai giudici della Corte d’appello capitolina chiamati a valutare la posizione di Zuncheddu, da sempre professatosi innocente. Pinna avrebbe aggiunto altro alla sua deposizione di poche ore fa, come riporta Ansa: “Ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata. Penso che quel giorno a sparare furono più persone, non solo una. Con un solo fucile non puoi fare una cosa del genere“. Il superstite avrebbe dichiarato inoltre che il killer “aveva il volto travisato da una calza” e avrebbe ceduto ad alcuni momenti di commozione sottolineando di essere stato sottoposto a presunte pressioni: “Non ce la faccio più, sto impazzendo, vorrei morire. In questi anni sono stato minacciato varie volte“. Fuori dal Tribunale di Roma, in occasione dell’udienza, si è tenuto un sit-in con la partecipazione dei familiari di Beniamino Zuncheddu e di alcuni militanti del Partito Radicale. La sorella del detenuto, Augusta, ha ribadito l’appello: “Chi sa deve parlare. Beniamino non c’entra niente con questa storia, è innocente. Lotterò fino all’ultimo respiro per ottenere la sua scarcerazione“.