A 79 anni Michael Douglas ci regala una grande interpretazione di Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America. La miniserie prodotta da Apple TV+ è giunta solo al quarto degli otto episodi previsti, ma già si è affermata come una delle produzioni più importanti del 2024. Gli americani amano rivisitare la loro storia, per quanto breve, e recuperare i valori e i principi costituitivi dei fondatori che hanno reso il loro Paese in poco più di due secoli la più grande nazione del mondo. Soprattutto nell’anno di una controversa e combattuta elezione presidenziale.
La serie su Benjamin Franklin è tratta da A Great Improvisation di Stacy Schiff del 2005, e riguarda il periodo francese della vita del poliedrico intellettuale americano (scienziato, inventore, scrittore, musicista, politico e soprattutto tipografo, attività che lo rendono in quegli anni di illuminismo conosciuto nel mondo come oggi lo sarebbe Bill Gates), giunto nel 1777 alla corte di Luigi XVI per convincere i francesi a sostenere la causa dell’indipendenza. Il Re sogna un periodo di tranquillità – ignaro di quello che gli accadrà da lì a qualche anno – ed è restio a riportare la Francia in un conflitto per dei territori così lontani e che gli sono già costati parecchio a causa della guerra persa con gli inglesi.
Non la pensa così il conte de Vergennes, il ministro degli Esteri, che anche senza l’approvazione del Re e di tutto il Governo, cerca di aiutare Franklin nel suo soggiorno parigino. Fornisce contatti e armi per gli insorti. Si aprono così le porte dei palazzi della nobiltà e della stessa Versailles. Il giovane nipote di Benjamin Franklin, William Temple, che accompagna il nonno nel suo soggiorno europeo dopo l’arresto del padre per le sue posizioni di fedeltà alla corona inglese, diventa amico dei giovani nobili francesi, quasi tutti schierati con la causa americana. Tra essi il marchese La Fayette, che grazie a Temple riesce a raggiungere l’America con le credenziali del nonno e a combattere accanto ai generali agli ordini di George Washington.
Dopo le prime vittorie dei coloni, Luigi XVI si convince che è giunto il momento di stringere una alleanza con gli americani ed entrare in guerra contro l’Inghilterra. Guerra che finirà solo nel 1783 con la vittoria e la nascita degli Stati Uniti. Franklin lascerà solo allora il suo ruolo di ambasciatore a Parigi, dove ormai è diventato sia un protagonista della vita dei salotti che un uomo amato dal popolo, per partecipare alla stesura della costituzione americana.
La serie su Benjamin Franklin è in lingua originale (si parla ovviamente americano, inglese, francese) e non poteva essere diversamente, visto il ruolo che ha in Benjamin Franklin il problema della comprensione reciproca e di come all’epoca si comunicava tra Paesi diversi. Passare in continuazione da una lingua a un’altra rende la ricostruzione realistica e assai convincente. Ma è in generale la descrizione del clima dell’epoca, il confronto culturale tra mondi che erano già molto diversi tra di loro e chiaramente destinati a non convivere, il punto di forza della serie tv.
Oltre alla bella interpretazione di Benjamin Franklin da parte di Michael Douglas, è giusto dare merito ad altre partecipazioni di rilievo, come quella degli attori francesi Thibault de Montalembert (The Tunnel, Call My Agent) nel ruolo del conte de Vergennes, e Ludivine Sagnier (The Young Pop , Napoleon) nei panni della nobildonna Anne Louise Brillon. Citazione a parte per il giovane Noah Jupe (Downton Abbey, A Quiet Place, The Undoing) per l’interpretazione di Temple Franklin. Impeccabile la regia di Tim Van Patten (The Sopranos, Boardwalk Empire, Games of Thones).
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