Benno Neumair ha provato a strangolare un suo compagno di cella in carcere. La vicenda risale al luglio scorso, quindi circa un anno fa, ma emerge in questa fase del processo, perché potrebbe essere usata dalla difesa per dimostrare la presunta malattia mentale del giovane. Neumair, accusato dell’omicidio e dell’occultamento di cadavere dei suoi genitori, Laura Perselli e Peter, cercò di strangolare un detenuto straniero del carcere di Bolzano al culmine di una lite per futili motivi. Le guardie carcerarie intervennero subito e l’episodio si risolse senza conseguenze per il detenuto aggredito. Invece, contro Benno Neumair furono presi provvedimenti disciplinari dall’amministrazione penitenziaria, contro cui poi i legali del ragazzo avrebbero fatto ricorso al tribunale di sorveglianza.
Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, l’episodio potrebbe essere rievocato nelle prossime udienze del processo. Infatti, non si esclude che la difesa possa usarlo per dimostrare che non sarebbe in grado di controllarsi, al punto da reagire mettendo le mani al collo di chi lo contraddice. La modalità dell’aggressione al compagno di cella è, infatti, simile a quella del duplice omicidio. Il 4 gennaio 2021 dopo una lite col padre Peter, Benno Neumair prese un cordino e lo strangolò. Ma la circostanza della lite è riferita solo dallo stesso imputato, quindi non ci sono riscontri oggettivi. Peraltro, la versione dell’omicidio d’impeto non viene ritenuta credibile né dalla procura né dagli avvocati di parte civile, secondo cui fu invece un delitto premeditato.
BENNO NEUMAIR, LA PERIZIA DELLA PSICHIATRA ANNA PALLESCHI
Anche per la psichiatra Anna Palleschi, che ha realizzato la consulenza di parte civile, Benno Neumair non aveva bisogno di una lite per uccidere il padre. Infatti, la sua perizia non coincide con quella dei tre periti nominati dal gip, secondo cui il giovane sarebbe stato incapace di intendere e di volere in occasione del primo omicidio. Per Palleschi non avrebbe agito per un discontrollo di impulsi, ma l’omicidio sarebbe «un’azione di ritorsione, un tentativo disperato di prendere il controllo e proteggere la propria autostima». Quindi, sapeva cosa faceva. Per la psichiatra è affetto da un disturbo narcisistico di personalità, che però non incide sulla sua capacità di intendere e di volere. «Lui era lucido quando uccise i genitori. Per molti sarebbe rassicurante pensare che chiunque commetta delitti efferati soffra sempre di disturbi mentali, ma non è così: può uccidere anche chi non ha delle patologie, come in questo caso. Anche nei test psichiatrici cui era stato sottoposto nella perizia, Benno dimostrò di controllare adeguatamente i propri impulsi», ha dichiarato la psichiatra in aula, come riportato dal Corriere.
Inoltre, si è detta convinta che non sia pentito: «Preoccuparsi delle conseguenze per gli altri delle sue azioni non fa parte del suo modo di stare al mondo. Lui pensa solo alle conseguenze per sé stesso, come si è notato anche durante la perizia quando dimostrava molta preoccupazione per il proprio futuro in carcere ma non per la morte dei genitori». Ritiene altresì che Benno Neumair sia capace di simulare le emozioni pur di raggiungere i suoi obiettivi: «In una circostanza riferì la falsa notizia del suicidio di una sua fidanzata, mostrandosi molto triste, ma era tutto falso e serviva solo ad ottenere un permesso dal lavoro».