L’Antitrust boccia l’esposizione del cartello con il prezzo medio accanto al prezzo praticato alla pompa di benzina. La questione, accompagnata anche dalla pessima abitudine italica di voler trovare sempre un capro espiatorio (questa volta i presunti speculatori sono i benzinai), sta surriscaldando gli animi e cresce la posta politica legata alla controversa misura. Ciò non promette la necessaria lucidità per valutare gli emendamenti al Decreto Trasparenza in arrivo la settimana prossima alla commissione Attività produttive della Camera.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene che “non sia necessario introdurre un meccanismo di calcolo e di diffusione dei valori di riferimento medi, atteso che appaiono incerti i benefici per i consumatori a fronte invece di un possibile rischio di riduzione degli stimoli competitivi”. Posizione che appare controintuitiva visto che i mercati davvero competitivi rifuggono dalle asimmetrie informative; con buona pace dell’economista scozzese Adam Smith, padre del libero mercato.
Esporre il prezzo medio dovrebbe rendere evidente lo scostamento di prezzo e quindi disincentivare rialzi eccessivi. Sennonché le motivazioni sono più articolate anche in considerazione delle peculiarità del mercato dei carburanti dove la concorrenza tra i punti vendita è circoscritta a un raggio di alcune decine di km di distanza. Per un automobilista un distributore sull’Aurelia all’uscita della capitale non è un’alternativa a fare rifornimento a un distributore che si trova a Rieti.
Non solo. In audizione alla X Commissione, il presidente dell’Agcm Rustichelli ha rafforzato il giudizio dell’Authority spiegando che “per motivi di costi, logistica e di livello della domanda il prezzo di una zona sia sensibilmente diverso dalla zona regionale e il prezzo medio non sarebbe quindi rappresentativo e quindi poco utile”. In soldoni è quanto in genere succede nel mercato captive della rete autostradale in cui i prezzi del carburante sono mediamente più elevati di quelli praticati nei distributori sull’adiacente rete viaria provinciale. Ma quanti automobilisti sono disposti a uscire al casello per fare il pieno e poi riprendere a viaggiare sull’autostrada? Quindi si abbozza e si pagano i prezzi praticati nei distributori sull’autostrada.
L’Authority riconosce che sia cruciale per i consumatori avere informazioni puntuali chiare e certe sui prezzi praticati dai punti vendita carburanti, ma per farlo rimanda i consumatori all’Osservaprezzi. Si tratta del sito del ministero per le Imprese e il Made in Italy “per consultare in tempo reale i prezzi di vendita dei carburanti come vengono comunicati dai gestori settimanalmente o in caso di aumento infrasettimanalmente”.
Peccato che il database sia incompleto: oltre tremila punti non comunicano i prezzi; oltre 3.500 punti vendita ancora non riportano l’indicazione del marchio; e i prezzi pubblicati sono quelli del giorno prima. Quindi, effettivamente un, migliorabile, strumento informatico di trasparenza sui prezzi dei carburanti esiste già. Mentre la pubblicizzazione di qualsiasi prezzo di riferimento alla portata visiva immediata dell’automobilista che si reca alla pompa di benzina viene considerato dall’Authority “uno scambio di informazioni utili al raggiungimento di un parallelismo dei prezzi”. Ossia, cari consumatori, vi stiamo difendendo, perché evitando di esporre il cartello del prezzo medio, viene meno la possibilità che qualche punto vendita che pratica prezzi più bassi della media regionale sia indotto ad allinearsi all’insù. Se non vi pare questa una speciosa difesa della concorrenza e dei prezzi bassi…
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