In una lunga lettera al Riformista, Silvio Berlusconi ricostruisce l’intero “caso” dell’audio emerso sul giudice Amedeo Franco e il suo rimorso di coscienza successivo alla sentenza della Cassazione nel processo Mediatrade che diede 4 anni per frode fiscale al leader di Forza Italia: «Credo che ristabilire la verità sia nell’interesse non solo di Forza Italia o mio personale, ma di tutti gli italiani, di tutte le parti politiche e anche della maggioranza dei magistrati, che non meritano di essere accomunati ai comportamenti scorretti di colleghi ideologicamente orientati che esercitano un grande potere».



La lettera al quotidiano di Piero Sansonetti non è casuale, dato che il giornale garantista per primo ha svelato i contenuti dell’audio avuto in mano con ogni probabilità dallo stesso Berlusconi: ricostruendo l’incontro col giudice della Cassazione Franco, l’ex Premier scrive «Alcuni amici e collaboratori mi convinsero a riceverlo: insistettero sul dovere che avevo di fare tutto il possibile per fare chiarezza su quella vicenda, nei confronti dei tanti che non avevano mai smesso di credere in me, nelle mie idee, nel mio onore di cittadino, di imprenditore e di politico».



BERLUSCONI E L’APPELLO ALL’ANM

Come già ribadito nell’intervista al Tg2 Post, Berlusconi non si aspettava un rimorso tale di coscienza di quell’uomo andato dal leader dell’allora Centrodestra per raccontare di una sentenza in cui «il plotone di esecuzione era già servito prima dell’esito finale». Ecco che la visita di Amedeo Franco sconvolge il pur “navigato” Berlusconi: così ancora il forzista nella lettera al Riformista, «L’impressione fu soprattutto di un uomo dimesso tormentato da una grave crisi di coscienza. Un uomo combattuto fra la sua onorabilità di magistrato, il dovere di servire la legge e le legittime preoccupazioni per le ritorsioni che avrebbe potuto subire da parte di qualche collega molto potente, che godeva di protezioni ancora più potenti. Per questo lo rassicurai sul fatto che non avrei reso pubblico il contenuto del nostro colloquio fino a quando quei rischi fossero stati reali».



L’audio rimane secretato per anni, ma viene comunque inviato alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per decisione diretta dello stesso Berlusconi: «Non potevo però tenere nascosta una notizia così grave nelle sedi istituzionalmente competenti […] sentenza profondamente iniqua, insostenibile nelle sue motivazioni e adottata con una procedura anch’essa iniqua e del tutto anomala». E così l’appello finale direttamente rivolto all’Anm con un Berlusconi che non chiede risarcimenti ma la verità su quel processo: «Sono convinto che l’Associazione Nazionale Magistrati, se volesse veramente tutelare la magistratura italiana come merita, dovrebbe essere la prima a sostenere la nostra richiesta di verità».