Fino all’ultimo Berlusconi ha lavorato. Ma dir così rischia di essere retorica. Qui importa dire “a che cosa”, “per chi” ha lavorato. Le persone più vicine a lui nell’ora estrema hanno fatto sapere che ha dedicato le sue residue energie a stendere un piano per la pace tra Russia e Ucraina. Spero che qualcuno – soprattutto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma anche Giorgia Meloni – prenda sul serio questa sua volontà di pace. Altrimenti sia il cardinale Zuppi, incaricato dal Papa di tentare ogni strada per fermare la follia che ogni minuto semina morte, a farsi carico di queste intenzioni.
Esiste una leggenda su Berlusconi: che egli sia un putiniano. Dice così chi non lo conosce. Da amico di Putin sarebbe andato a piedi a Mosca o a Sochi per spingerlo a rinunciare ad ogni forma di violenza. Similmente lo descrivevano come devoto di Bush junior perché si recava nel suo ranch in Texas quando il presidente americano stava preparando l’invasione punitiva dell’Iraq nel 2003. Mi raccontò una sera d’agosto del 2003 (lo disse ad altri, in diverse occasioni, non ho la presunzione dell’esclusiva) che aveva tentato ogni strada per indurlo a fermarsi, usò persino l’arma di una barzelletta disperata per metterlo in difficoltà, ma quello, da “cristiano rinato”, si trincerò dietro una serie di citazioni bibliche.
Il sogno di Berlusconi, che in realtà non era affatto un’utopia campata per aria, è stato – da quando è “sceso in campo” – di essere l’anello di una catena pacifica di alleanze che attraversasse l’Atlantico e arrivasse fino all’Australia, coinvolgendo la Russia e l’India, obbligando la Cina comunista a fare i conti con la potente morsa della libertà religiosa, economica e politica. Ci provò da presidente del Consiglio e del G7 nel 1994 a Caserta, poi in ottobre sempre di quell’anno a Mosca con Eltsin; quindi nel 2001 a Genova, e – dopo l’orrore dell’11 settembre – radunò nel maggio del 2002 a Pratica di Mare i Paesi della Nato spingendo ad un accordo che includeva la partnership della Federazione Russa. L’immagine di Berlusconi che congiunge le mani dei suoi “cari amici” George jr e Vladimir non era una propagandistica photo-opportunity, ma un disegno reale.
L’invasione dell’Iraq interrompe questo cammino. Poi fu la volta dei missili dislocati in Polonia, che nessuno credette fossero una deterrenza nei confronti dell’Iran; erano un chiaro messaggio di sfiducia armata contro l’avvicinamento di Putin all’Europa di Merkel e Berlusconi. Non c’è bisogno di essere docenti di geopolitica ad Harvard, basta aver frequentato le scuole serali a Casalpusterlengo per capire che certe potenze finanziarie sovranazionali vedevano male una congiunzione di interessi commerciali tra i due polmoni dell’Europa. Dava fastidio questo interscambio potenzialmente egemonico su scala mondiale tra la capacità manifatturiera di Italia e Germania e la ricchezza di materie prime della Russia.
Niente da fare. Ovviamente non abbiamo prove delle rette intenzioni di Putin, ma di sicuro queste scelte di allargamento della Nato, come di un cane che abbaia davanti alla porta di Putin (come ha detto papa Francesco), avevano lo scopo di fargliele perdere, se mai ne avesse avute.
Berlusconi ha agito insistendo a tempo e fuori tempo per usare l’amicizia come categoria politica per la pace e la prosperità, convinto che potesse prevalere il buon senso sul cinismo dei rapporti di forza. Cercò di riproporre l’obiettivo di un esercito comune europeo, con una forza di dissuasione atomica autonoma. Ma figuriamoci se Francia e Gran Bretagna potevano accettare di consegnare le loro valigette con i bottoni delle bombe a generali tedeschi o italiani…
Non è stato solo Putin a essere messo in castigo, spingendolo alla feroce aggressione della Georgia nel 2008 (fermato da Berlusconi al telefono prima che i blindati russi raggiungessero Tbilisi). Tutto quello che è successo nel 2011, a partire dalla destabilizzazione della Libia e poi del Governo italiano, ha avuto le caratteristiche di un castigo inflitto ai disegni sognanti di Berlusconi.
Certo, Berlusconi ha cercato ogni strada per imbrigliare America e Russia con la sua candida visione della pace: ed è stato esagerato e temerario recandosi nella Crimea annessa da Putin con la forza, quindi – ben consapevole di essere registrato – cercando di trovare scusanti all’ingiustificabile “operazione speciale” dell’autocrate del Cremlino. Era una maniera per accreditarsi come l’unico ponte praticabile tra Occidente e Occidente. Un modo per lanciare a Putin una cima cui potesse attaccarsi per non annegare nel sangue di due popoli slavi fratelli.
Berlusconi negli ultimi giorni ha avuto più paura della guerra atomica che della sua leucemia. Conosceva Putin, l’impossibilità per lui di accettare il crollo strutturale della Russia senza la tentazione di gridare e praticare nei fatti il “muoia Sansone con tutti i filistei”.
Berlusconi come Francesco – senza osare paragoni tra i due – non ha mai creduto alla favola atlantica di Cappuccetto Rosso. Per questo è stato aggredito da morto dai consiglieri di Zelensky, con i media loro espressione che hanno postato la foto del nemico Silvio con una croce sopra e la scritta “liquidato”.
Magari aveva elaborato proposte impossibili, Silvio Berlusconi sul suo letto di morte, ma per favore non siano seppellite con lui. Il vecchio guerriero della libertà merita si apra anche questo testamento.
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