E va bene, ancora Berlusconi. Ma come si fa a resistere alla tentazione di raccontare le esperienze personali vissute con un personaggio unico ed esuberante oltre ogni limite come il Presidente-Cavaliere? La vita del Silvio nazionale è stata davvero un romanzo, scritto con le sue mani nel bene come nel male. E tutti quelli che lo hanno conosciuto e frequentato, per molto o per poco, ne hanno avuto una parte.
Sì, perché il costruttore-editore-politico più bravo potente e famoso d’Italia (oltre che patron della squadra di calcio più vincente di sempre) è stato anche l’uomo più semplice e cortese che si conosca. E di fronte a qualsiasi interlocutore, modesto o altolocato, si mostrava per quel piacione che gli pareva di essere e per tutti mostrava la stessa rapita attenzione. Sapeva ascoltare.
Venditore fin nel profondo dell’anima come nessuno mai prima di lui, era maestro nell’arte della persuasione e molte delle barzellette che raccontava su di sé lo confermavano con sapiente autoironia. E con chiunque si trovasse a discutere di qualcosa sembrava che di quella cosa fosse realmente interessato e naturalmente esperto. Tanto da poter dispensare utili consigli.
Come quella volta a Capri che, atteso dalla platea confindustriale riunita al Quisisana per l’annuale convegno dei Giovani imprenditori si regalò una passeggiata per via Camerelle fermandosi a ognuna delle botteghe lungo il cammino per scambi di battute con i titolari e foto ricordo con i dipendenti. Fino a imbattersi nella fioraia rivoluzionaria che conquistò con l’amore per le piante.
Non contento di quella semi bravata, nei giorni successivi chiamò personalmente molte delle persone conosciute sull’isola ringraziando per l’accoglienza e l’intrattenimento. Come si può battere un uomo fatto così sul fronte della simpatia e della popolarità? Non si può, e infatti su quel fronte resterà a lungo e forse per sempre imbattuto. Lasciando ricordi che non si cancelleranno.
Come quando nel pieno di una campagna elettorale decise di piombare a Napoli per rilasciare alcune interviste televisive alle emittenti locali trasformando l’intero piano ammezzato di un hotel del centro in un grande studio televisivo con ben quattro postazioni pronte per l’uso in modo da comprimere al massimo i tempi di allestimento e cambiare set e testata giornalistica quasi in tempo reale.
Eppure, nonostante quella dimostrazione di fredda e seriale efficienza, nel momento in cui si era ammessi alla sua presenza – dopo aver passato il vaglio di diversi filtri – ci si trovava al cospetto di un interlocutore sereno e rilassato: pronto a contraddire il significato dell’infernale catena di montaggio con aneddoti e barzellette che restituivano il calore che sembrava perduto.
E che dire di quando a un molto importante ricevimento romano, da presidente del Consiglio e con tante autorità al suo fianco, decise di dedicare almeno dieci minuti (un tempo lunghissimo in quelle circostanze) ai rifiuti di Napoli? Sottraendosi all’abbraccio di nobili e ministri prese sottobraccio il cronista che aveva intercettato per conquistarlo alla sua causa.
Che era quella di ripulire finalmente e definitivamente la bellissima città dall’immondizia che la soffocava come appariva in crudi servizi televisivi destinati a fare il giro del mondo. Assicurava e giurava, mentre era in corso la festa, che avrebbe fatto l’impossibile per costruire l’inceneritore che mancava e sottrarre l’antica capitale alla mortificazione cui era sottoposta.
Berlusconi aveva il sole in tasca, come amava dire, e il gusto di sorprendere. Studiava molto, è vero, e si preparava con coscienza agli incontri di lavoro. Ma sapeva improvvisare e lasciarsi andare quando l’occasione glielo consentiva trasformando ogni contatto in un’alleanza. L’empatia era di gran lunga la sua arma vincente. E non si faceva capace di come qualcuno potesse resistergli.
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