SILVIO BERLUSCONI E LA PROPOSTA SULLE SENTENZE DI ASSOLUZIONE

Sta facendo discutere e non poco la proposta di Silvio Berlusconi nel programma per le Elezioni 2022, tema giustizia: nell’ormai tradizionale “video-pillola del giorno” il leader di Forza Italia ha proposto di eliminare la possibilità dei pm di potersi appellare dopo una sentenza di assoluzione. Con un passo ulteriore rispetto ai Referendum sulla giustizia (che non hanno superato il quorum nel maggio 2022), Berlusconi spiega: «Nel nostro Paese migliaia di persone ogni anno vengono arrestate e processate pur essendo innocenti. Il processo è già una pena, che colpisce l’imputato, ma anche la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro. Per questo non deve trascinarsi all’infinito, in appelli e controappelli».



In caso però di vittoria del Centrodestra alle Elezioni 2022, la promessa di Berlusconi sul fronte giustizia è di quelle imponenti, potenzialmente rivoluzionare per la giustizia conosciuta fin qui: «Quando governeremo noi, le sentenze di assoluzione, di primo o di secondo grado, non saranno appellabili. Un cittadino – una volta riconosciuto innocente – ha diritto di non essere perseguitato per sempre». L’ex Cav si rivolge poi direttamente agli elettori e conclude: «Se sei d’accordo, se anche tu pensi che la presunzione di innocenza sia alla base della nostra civiltà giuridica, il 25 settembre devi andare a votare e devi votare Forza Italia».



SCONTRO ANM-PENALISTI SULLA PROPOSTA DI BERLUSCONI

È stata però immediata la reazione di parte del mondo giustizia che non ha preso affatto bene la proposta sull’appello da cancellare in caso di assoluzione dell’imputato: dall’Anm (Associazione Nazionale Magistrati) il commento è netto, «La questione era stata affrontata dal legislatore nel 2006 con la legge Pecorella e la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella legge». Secondo il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, esistono principi costituzionali «che devono essere necessariamente rispettati. Il tema può essere discusso ma non rappresento nei termini che ho letto, ossia che migliaia di persone siano ingiustamente sotto processo. Questo non rende giustizia al difficile lavoro dei tribunali e del corti nell’accertamento della verità dei fatti». La contro-replica è però affidata al presidente dell’Unione delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza, che sposa invece la proposta di Berlusconi: «Nei giorni scorsi abbiamo inviato una lettera a tutti gli esponenti politici in competizioni indicando cinque priorità, tra cui proprio il ritorno alla inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del pubblico ministero. Immagino che sia una risposta alla nostra sollecitazione e la valutiamo molto positivamente».



In merito all’accusa della Anm di incostituzionalità per la cancellazione dell’appello dopo l’assoluzione, Caiazza corregge i colleghi e risponde anche alle polemiche dei “giustizialista”: «La legge in tal senso portava la prima firma di Gaetano Pecorella che era parlamentare di Forza Italia ma anche presidente dell’Unione delle Camere penali, ed è vero che la Consulta l’ha dichiarata incostituzionale, ma questa ipotesi è stata rilanciata dalla commissione Lattanzi istituita dalla ministra Cartabia». La commissione messa a punto dalla Ministra Cartabia, «si preoccupava di sottolineare che ovviamente la legge delega che suggeriva avrebbe dovuto tenere contro delle ragioni di annullamento da parte della Corte costituzionale. Poiché questa proveniva da una ex presidente dalla Consulta, è certamente una strada praticabile», conclude Caiazza. La proposta di Berlusconi viene dunque appoggiata dai penalisti, ringraziando Forza Italia e tutte le forze politiche che dovessero sottoscrivere tale proposta. Raggiunto da “Il Dubbio”, è favorevole al programma del Centrodestra in materia giustizia Giorgio Spangher, professore emerito di Diritto processuale penale alla Sapienza di Roma: «Se il centrodestra riuscirà ad avere una maggioranza politica credo che il progetto di riforma della giustizia sui due piani di separazione delle carriere e inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del pm sia realizzabile». Secondo il professore, il progetto di riforma Cartabia-Lattanzi prevedeva uno svantaggio al pm, inappellabilità della sentenza di assoluzione, cui «doveva per forza essere controbilanciato da uno svantaggio per la difesa, vale a dire la fondatezza dei motivi di appello». Ora però, con i decreti attuativi della riforma del processo penale, diventa chiaro che «la difesa sarà chiamata a un onere molto forte in sede di impugnazione. Quindi si potrebbe benissimo porre contemporaneamente un freno all’appello del pm contro le sentenze di assoluzione».