Bernard-Henri Levy vittima di insulti antisemiti in Libia. Ad attaccarlo alcuni sostenitori filo turchi del governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj. Lo hanno contestato al grido di “cane ebreo” mentre rientrava a Misurata per andare via. Ma non si sono limitati agli insulti. La milizia locale, non informata della sua visita, dopo aver visto dieci Suv blindati della scorta ha provato a capire chi fosse l’ospite, quindi lo hanno bloccato e hanno affrontato la scorta che il Ministero dell’Interno aveva assegnato al filosofo francese, rimandandolo indietro. Oltre ad urlargli offese di ogni topo, come quella sopraccitata, hanno anche sparato dei colpi in aria. Il filosofo non è “popolare” nel mondo arabo in quanto considerato un sostenitore di Israele. La Francia non è più paladina dei rivoluzionari, ha sostenuto il generale Khalifa Haftar nei 14 mesi di assedio a Tripoli. E quindi Bernard-Henri Levy, come riportato da Repubblica, paga sulla sua pelle questa ostilità.



BERNARD-HENRI LEVY INSULTATO IN LIBIA “CANE EBREO”

Atterrato con un jet privato a Misurata, Bernard-Henri Levy si era spostato subito a Tarhouna, dove sono state scoperte delle fosse comuni scavate per i civili giustiziati dalle milizie del generale Khalifa Haftar. Qui i gruppi armati fedeli al governo lo hanno fermato, ma il filosofo ha pubblicato sui social le fotografie scattate in città, con uomini armati col volto coperto e in uniforme militare. E pure qualche frammento della contestazione. “Oggi 25 luglio. Campo di sterminio a Tarhuna. Questa città ha subito il martirio #Khadafi. 47 cadaveri, compresi i bambini, le mani legate dietro, sono stati recentemente ritrovati in una fossa: hanno subito il martirio da parte delle milizie di #Haftar. Il mio dolore. La mia rabbia. Solidarietà con #Tarhuna”. Inoltre, ha affermato di aver visitato il “campo di sterminio” e poi ha annunciato che un resoconto completo di quello che è accaduto e ha visto verrà pubblicato sul Wall Street Journal. Invece a Repubblica ha commentato la vicenda degli insulti: “L’intimidazione e la violenza non mi impediranno di fare il mio lavoro. Ora tutti possono rendersi conto dei metodi che usano le milizie pro-Erdogan”.

Leggi anche

SCENARI/ "Mattei non basta, se l'Italia vuole un ruolo nel Mediterraneo serve La Pira"PIANO MATTEI/ Tra Etiopia e Somalia serve una mediazione che non "aspetta" la Meloni