Compirà 90 anni a ottobre, ma è ancora in sella: Bernie Ecclestone ricorda ancora il giorno in cui la Formula 1 prese ufficialmente il via, quel 13 maggio 1950 di cui mercoledì ricorrerà il settantesimo anniversario. All’epoca partecipava come pilota delle cosiddette Support Races: era al volante di una Formula 500 (quella che oggi sarebbe la Formula 3), sognava di diventare un pilota famoso, sarebbe diventato una leggenda come “proprietario” del circus. “Ero solo un adolescente, fu un’esperienza emozionante correre in un circuito del genere” ha raccontato a Umberto Zapelloni per Il Giornale. Che era Silverstone, e non c’è bisogno di presentazioni. Oggi la Formula 1 è ferma per il Coronavirus: tra gare rinviate e altre proprio cancellate, la stagione 2020 non ripartirà prima di luglio e per Ecclestone potrebbe esserci l’occasione per vedere dal vivo un altro Gran Premio, aggiungendolo alla collezione dei 700 e forse più. Parecchi dei quali peraltro spesi ad accogliere ufficialmente re, presidenti e altre grandi personalità.



Della Formula 1 di allora, Ecclestone dice che un paragone con i tempi moderni è impossibile: era un’altra cosa, “a parte Maserati, Alfa Romeo e Ferrari c’erano tantissime auto iscritte da privati e ora non sarebbe possibile”. Quello che non è cambiato è il desiderio da parte di ciascun pilota di vincere la corsa; la differenza è che all’epoca “era uno sport da gentlemen appassionati, non un lavoro per fare soldi”. C’è dunque un po’ di rimpianto per i tempi andati, come suo personale merito cita l’aver attirato le televisioni di tutto il mondo perché “volevo che trasmettessero ogni gara e le comprassero come un pacchetto”. Detto fatto, anche se Ecclestone ricorda di essere stato allora un rivenditore di auto e di non avere idea della sua formula per il successo. Della Formula 1 di oggi Ecclestone dice che “una squadra è composta da così tante parti diverse che se una di queste non funziona non puoi puntare al successo”.



BERNIE ECCLESTONE: BRIATORE IDEALE PER LA FERRARI

Tema che si lega all’idea di mettere un budget cap alle scuderie, ma lui è contrario: i team ricchi e quelli più poveri ci sono sempre stati, dice, e ricorda infatti come la Ferrari avesse sempre “un budget tre, quattro volte più grande del nostro alla Brabham o alla Lotus”, ma che nonostante questo tutti avevano la possibilità di vincere perché quello che contava era il talento della gente che c’era nel team. A proposito di questo, le sue dichiarazioni su Mattia Binotto sono state male interpretate: a sentire Ecclestone, lui sosteneva come un super ingegnere non fa necessariamente un ottimo team manager perché quest’ultimo deve essere spietato, e Matta invece è “sensibile e nice guy”. E allora meglio i Jean Todt e i Toto Wolff, o magari Flavio Briatore: “Ho sempre pensato che sarebbe stato la persona giusta per la Ferrari, se vede qualcuno bravo in una squadra se lo prende”. Cosa che Binotto, magari dovendo lasciare a casa uno dei suoi, probabilmente non farebbe.



C’è stato poi tempo, nel corso dell’intervista, per fare una considerazione sui piloti. Il migliore? Alain Prost perché “è stato uno degli ultimi a guidare un’auto senza tutte quelle informazioni”, ma nell’equazione vanno messi anche Juan Manuel Fangio e Stirling Moss. Ma i tempi sono diversi: i piloti di allora non potrebbero vincere con le macchine di oggi, quelli dell’epoca attuale forse non salirebbero nemmeno sulle monoposto di allora, giudicandole troppo pericolose. Ancora, di Ayrton Senna dice che senza quel tragico giorno di Imola avrebbe vinto molti più campionati, e “forse Michael Schumacher ne avrebbe vinti di meno”. Del tedesco, Ecclestone dice che era arrogante e pensava sempre di essere meglio lui della macchina, ma potevi star sicuro che avrebbe portato a termine il lavoro che gli avevi dato. Oggi il dominatore è Lewis Hamilton: “Molto, molto, molto talentuoso ma ha avuto una squadra molto, molto, molto forte dietro di lui”. Ma a parte questo, non lo si può non inserire tra i primi cinque al mondo. In chiusura, non potrei immaginare la Formula 1 senza la Ferrari. Anzi: secondo Ecclestone Enzo Ferrari è stato, insieme a Colin Chapman, una delle due persone più importanti nella storia del circus.