BERSANI, IL PD E I “CACICCHI”
È un discorso, quasi un comizio, quello che Pier Luigi Bersani ha tenuto negli scorsi giorni con la vicedirettrice de “La Stampa” Annalisa Cuzzocrea davanti agli studenti di Pisa, nel pieno delle proteste contro Governo e comunità internazionale per la guerra a Gaza. Fra discorsi “surreali” (e un po’ tristi, se possiamo permetterci) e ricordi dell’attivismo politico del passato, l’ex leader Pd ed ex scissionista in ArticoloUno prova ad intervenire sullo scontro del momento in casa sinistra fra Elly Schlein e Giuseppe Conte.
L’appello del leader M5s contro «cacicchi e capibastone» del Partito Democratico giunge dopo i casi giudiziari calorosi di Bari e Torino, con Conte che chiede espressamente alla leader Dem di rinnegare tutte le correnti prima di poter tornare ad un progetto unitario assieme (il famoso ormai “campo largo progressista”). «I dirigenti che ci lasciarono entrare (nel Pci, ndr) avevano una caratteristica, non pensavano che la sedia fosse tutto». Qui Bersani si lancia durante il dialogo con gli studenti pisani in un parallelo con la politica di oggi, appendendo idealmente al muro i vari “cacicchi e capibastoni” del Pd, i “ras” delle tessere e delle preferenze sul territorio: oggi i partiti però, aggiunge l’ex senatore Pd, «possono fare molto di più ma è una battaglia che sento di aver perso». Per Bersani infatti quando un partito è troppo «liquido» allora è facile «che i margini diventino evanescenti». In sostanza, dopo la presentazione del codice etico lanciato dalla segreteria Schlein, l’ex leader ne avverte una certa qual inutilità: «vanno benissimo per carità ma serve un criterio di selezione più esigente. Serve la forma partito».
“LA POLITICA DOMI LA BESTIA NELL’UOMO”: L’APPELLO (TRISTE) DELL’EX LEADER PD PIER LUIGI BERSANI
Al netto dei tanti attacchi al Governo Meloni lanciato nel medesimo discorso agli studenti di Pisa – sui migranti, sull’ordine pubblico, per le (presunte) leggi “bavaglio” sui media e quant’altro – un punto in particolare ci permettiamo di sottolineare nell’analisi svolta da Pier Luigi Bersani. «Il compito della politica non è quello di di creare una società perfetta. Il suo compito basico è invece quello di tenere a bada la bestia che abbiamo dentro»: secondo l’ex segretario del Partito Democratico esiste una aggressività “in potenza” dentro ogni uomo che va tenuta a bada anche perché non la risolvono «né la storia né il progresso: nei secoli bui abbiamo bruciato migliaia di streghe, nel secolo del progresso abbiamo ucciso sei milioni di ebrei».
È un tono cupo e mesto quello di Bersani nel guardare al tempo odierno, incazzandosi contro chi ripete “mai più” davanti agli orrori del passato: «Basta guardare in giro i livelli di brutalità e di distruzione di un minimo livello di umanità. E qui deve intervenire la politica il cui compito è domare la bestia. Non si sono trovate formule migliori della democrazia». Bersani è convinto che la politica sia l’unica “modalità” per fermare la bruttura interna all’umanità, l’unica in grado di ridurre le disuguaglianze e creare così “libertà”. Il rischio è che così si resti sul “riduttivo andante” per quanto riguarda sia il valore intrinseco dell’individuo, sia l’alto e nobile valore della politica: una politica e uno Stato riteniamo possano essere un servizio continuo, da garante di sicurezza e di libera iniziativa, non che generino loro stesse tale libertà. Un certo socialismo “dirigista” emerge con nitidezza dalle parole di Bersani, che siamo certi creda realmente in quanto sostiene, sinceramente preoccupato per le violenze e le spirali d’odio: siamo però certi che sia la politica a dover “creare” tale pacificazione? Siamo certi che la persona senza la democrazia sia destinata alla “bestialità”?