Per Fausto Bertinotti la sinistra italiana e la sua storia sono finite nel 1980, con la “marcia dei quarantamila“, la manifestazione dei lavoratori Fiat contro i sindacati. Lo ricorda con amarezza nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Non ritiene di essere smentito neppure dalla vittoria della sinistra con Massimo D’Alema, infatti l’ex leader di Rifondazione comunista non cambia posizione. Anzi, spiega le sue ragioni: «Il capitalismo non solo si liberò del suo avversario storico ma inglobò anche coloro i quali sarebbero dovuti diventare i suoi nuovi avversari, portandoli al governo». Per Bertinotti c’erano leader che avevano interpretato la sconfitta degli operai «come una liberazione». Inoltre, ricorda un aneddoto, cioè cosa gli disse Francesco Cossiga quando la NATO sferrò l’attacco contro Belgrado, mesi dopo la nomina di D’Alema presidente del Consiglio: «Serviva un postcomunista per fare la guerra». Di fatto, per Bertinotti era stata lanciata un’operazione a livello internazionale per chiudere definitivamente la questione. 



Dall’intervista di Bertinotti emerge la descrizione di una sinistra che era assoggettata a un sistema di potere. Infatti, ritiene che il capitalismo all’epoca era convinto che era arrivato il momento di un ultimatum nell’Occidente, quindi «decise di mettere fine al ciclo storico che negli anni Settanta aveva prodotto un forte avanzamento dei diritti sociali e civili». A proposito dei 14mila licenziamenti della Fiat, Bertinotti lo definisce un «trauma» e ricorda che l’azienda approfittò dell’improvvisa crisi di governo. Si arrivò tra Fiat e lavoratori a una battaglia «di una drammaticità senza pari», infatti per l’ex leader comunista ci fu «uno scontro di classe allo stato puro».



“LA PROGRESSIVA DISSINTONIA TRA LA SINISTRA E IL SUO POPOLO”

Anche se la solidarietà nei confronti dei lavoratori Fiat era totale da parte del sindacato e del Partito comunista, c’era comunque chi pensava che la Fiat alla fine stesse facendo una ristrutturazione aziendale, spiega Fausto Bertinotti, che indica Enrico Berlinguer come un’eccezione, era in minoranza, ma «nel partito sotto un certo aspetto c’era grande libertà». Invece, per Luciana Lama, all’epoca segretario della Cgil, ammette che lo ha apprezzato col tempo, ma non ha mai messo in discussione la sua autorevolezza, che emergeva dalla sua gestione delle assemblee. La marcia del 14 ottobre 1980 fu una sconfitta per il sindacato.



Così come ricorda «l’atmosfera funerea», il momento in cui Lama dichiarò ufficialmente la sconfitta e lasciò a Romiti, amministratore delegato della Fiat, il compito di redigere il comunicato che avrebbe poi firmato. Non riesce a trattenere la commozione Bertinotti, che conclude l’intervista al Corriere spiegando che proprio da quel momento è cominciata «una progressiva dissintonia tra la sinistra e il suo popolo» e citando il finanziere Warren Buffet per spiegare che vinsero «i padroni».