QUIRINALE, LE DUE STRADE POSSIBILI

Il Centrosinistra, forse per la prima volta nella storia recente della Repubblica italiana, non ha il “pallino” dei giochi sul Quirinale in mano: per Goffredo Bettini, enigmatico “leader ombra” del Partito Democratico, questo non rappresenta un ostacolo. Anzi, più una sfida.

«A mio avviso, ci sono due strade possibili», spiega al “Corriere della Sera” in un fitto botta e risposta con il “velenosissimo” Fabrizio Roncone. La prima ipotesi formulata da Bettini è netta: «la politica prende atto che l’emergenza non è affatto finita né sul piano sanitario, né sulla messa a punto del Pnrr. Quindi ha uno scatto, va da Draghi e gli propone un patto di un anno: sarai più solido, non facciamo più i capricci dell’ultimo mese e, in Parlamento, variamo una nuova legge elettorale di stampo proporzionale…». Al Quirinale difinirebbe a quel punto «una figura di alto profilo capace di guidare la transizione del Paese dall’uscita dell’emergenza alla ricostruzione di un sistema politico più equilibrato».



BETTINI E IL “POTERE” DI FARE “INDIRIZZARE LE COSE”

Secondo il “demiurgo” del Pd, a questa prima operazione dovrebbe partecipare con forza Matteo Salvini, appena riuscirà con Meloni a dire le cose come stanno a Berlusconi: ovvero che in quanto così divisivo i 505 voti necessari per essere eletto al Quirinale non li avrà mai. I nomi fatti per questa prima “via” sono tanti, nessuno convincente fino in fondo per Bettini: Casellati, Amato, Casini, Gianni Letta, Franceschini, Andrea Riccardi, tutti che hanno delle chances per Goffredo Bettini senza però essere del tutto convinto.



La “seconda” strada invece dovrebbe essere obbligata qualora fallisse la prima delineata da Bettini: «O chiediamo a Mattarella di accettare un altro mandato. Oppure verifichiamo la disponibilità che Draghi ha lasciato intuire». In una intervista attraversata, racconta il “CorSera” da diverse chiamate di Orlando e Conte, si intuisce benissimo come ancora oggi Goffredo Bettini sia un vero “kingmaker” delle retrovie, e non solo sul Quirinale. «Io ho potere? è una menzogna che circola da tempo. E di cui si è fatto portavoce, in modo subdolo, Carlo Calenda. Nel silenzio, per me doloroso, delle figure apicali del Pd. Intendiamoci: non c’è dubbio che il mio sistema di relazioni sia formidabile, ed è altrettanto vero che io provi una certa soddisfazione nell’indirizzare gli eventi. Ma il potere nella sua forma più pura e volgare non fa per me».