Storia vera di Bettino Craxi alla base del film del film Hammamet?
Primo esponente socialista a ricoprire l’incarico di primo ministro italiano, Bettino Craxi è stato uno dei politici più importanti della storia repubblicana. Premier dal 4 agosto 1983 al 18 aprile 1987 e segretario del Partito Socialista Italiano dal 15 luglio 1976 all’11 febbraio 1993, è stato apprezzato per il suo ruolo nella modernizzazione del Paese e della politica, ma anche criticato per i procedimenti giudiziari (Tangentopoli) e per la sua fuga dall’Italia…
Su quest’ultima fase della vita di Bettino Craxi è stato girato un film, Hammamet, diretto da Gianni Amelio. Il celebre regista ha raccontato gli ultimi sei mesi di vita del politico, interpretato da Pierfrancesco Favino. Il lungometraggio concentra la sua attenzione sulla vita privata di Craxi – pensiamo alla malattia e al rapporto con i suoi cari – narrando la lunga agonia di un uomo che ha perso il potere e va verso la morte…
Un Bettino Craxi meno politico e più spazio al dramma umano: il film romanza gli ultimi anni di esilio
Hammamet è molto romanzato e c’è poco del Bettino Craxi politico, che ha comunque continuato a seguire e commentare le vicende della politica italiana, basti pensare allo scontro con PDS e con i giudici di Mani Pulite. Gianni Amelio, ai microfoni di Birdmen Magazine, ha raccontato: «Con Hammamet non volevo idealizzare o rivalutare la figura di Craxi. Il mio intento era quello di portare sulla scena un uomo di potere senza più potere. È un uomo, quello filtrato dallo schermo della mia cinepresa, che ha commesso errori politici gravi, certo, ma non era quello che mi ha spinto a realizzare questo film. Non mi interessava rivangare una storia dalla condivisione universale, che tutti noi già conosciamo, o a cui è facile accedere e recuperare nei minimi dettagli».
Gianni Amelio ha poi aggiunto: «Al centro del mio film non volevo dunque il Craxi politico, bensì il Craxi uomo, il grande statista degli anni Ottanta che si sta avvicinando alla morte. La mia speranza è dunque quella di sapere lo spettatore capace di togliere quel Velo di Maya che gli copre gli occhi per vedere non più il Craxi reale, ma un’allegoria del potere, un re senza corona come Riccardo II o Riccardo III. Per quanto mi riguarda io credo di aver rispettato sia la storia del presidente, ma anche quella dello spettatore non informato dei fatti. Non c’è niente di falso in quello che racconto, nulla che sia piegato a un fine diverso da quello di raccontare un uomo».