A 59 anni e dopo una vita dedicata al sostegno dei poveri di tutte le condizioni e in tutte le situazioni è morto a Palermo giovedì 12 gennaio fratel Biagio Conte (1963-2023). Conosciuto ben oltre i confini isolani, anche per aver dedicato gli ultimi anni della sua vita a percorrere in lungo e in largo l’Europa con la croce in spalla per annunciare che una sola è la salvezza, Gesù Cristo, lascia un grande patrimonio e una importante eredità.



Il patrimonio sono le opere e le strutture di accoglienza che in circa trent’anni di impegno instancabile è riuscito a costruire e rendere efficienti non solo a Palermo ma anche in altre province, fino ad accogliere negli anni scorsi circa mille persone.

L’eredità è la sua concezione della fede cristiana e il suo amore alla Chiesa, origine vera del suo moto di carità: vedeva Cristo nel volto dei poveri prima ancora che la miseria della loro condizione.



La sua testimonianza non può essere rinchiusa nei pur necessari confini della solidarietà, ma trae origine e si nutre dalla primitiva scelta fatta in età giovanile di lasciare gli agi e le lusinghe del modo per dedicarsi totalmente i poveri.

Ha iniziato a raccogliere quelli più derelitti che stavano attorno alla Stazione Centrale di Palermo e poi pian piano, battaglia dopo battaglia, digiuno dopo digiuno, con il coinvolgimento di tanti palermitani e non solo di loro, e con il sostegno della Chiesa, cui mai ha fatto mancare le sua fedeltà, ha generato tanto altro. Non solo opere di solidarietà e accoglienza sociale, ma anche un movimento delle coscienze che ha dato luogo ad alcune vocazioni religiose e a tantissimi casi di conversione personale, di cui sarà impossibile rendere conto a tutti. Ha tolto tanti dalla strada, ha accolto tantissimi stranieri, senza mai chiedere di abbracciare la sua fede incrollabile, ha bussato a tutte le porte, soprattutto a quelle delle istituzioni (che non sempre gli hanno aperto): a tutti ha offerto accoglienza e la possibilità di un riscatto sociale e di vivere una vita dignitosa. Li ha abbracciati uno ad uno e ha fatto capire loro che erano preziosi agli occhi di Dio. Ha fatto vedere che anche nel tunnel più buio alla fine c’è la luce, e lo ha fatto non con la promessa di un domani migliore, ma con un presente in grado di cambiare da subito la loro vita. Costoro sono quelli che papa Francesco ha voluto incontrare a pranzo in occasione della sua visita a Palermo del 15 settembre 2018.



All’inizio dell’estate la notizia di un tumore lo ha costretto a impegnative cure prima e all’immobilità poi. È stata questa forse la prova più difficile da accettare. Consegnarsi al suo Signore senza resistenze e con il sorriso sulle labbra. Impresa perfettamente riuscita. La sua stanzetta nella Missione di Speranza e Carità si è trasformata in un centro nevralgico di operosità sociale e di impegno religioso. Trascorreva le giornate al telefono (strumento che non ha mai particolarmente amato) per raccogliere i bisogni di tanti che chiedevano aiuto e chiamare tanti altri per rispondere a quei bisogni che riceveva. Nelle ultime settimane anche questo è cessato. Ma la sua stanza è divenuto luogo di preghiera incessante e meta di tanti che in tutti i modi sono venuti anche da lontano per dargli l’ultimo saluto.

Lascia una onerosa eredità che non è solo quella di proseguire l’attività delle strutture operative generate dal suo impegno, ma di continuare a testimoniare tutti, lì dove ciascuno è chiamato a vivere, che una sola è la salvezza, quella che viene dal Signore e che questa salvezza passa innanzitutto per i più poveri e più derelitti.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI