Nell’immane scandalo di Bibbiano, finora, si hanno sostanzialmente due “chiavi di lettura” principali: con la lente del centrodestra e del M5s, le accuse da lanciare contro la gestione del Pd nella comunità della Val D’Enza che ha portato ad anni, forse decenni, di affidi illeciti costruiti su false accuse ai genitori espropriati dei propri bambini. Con la lente del Pd, la difesa totale del sindaco di Bibbiano Andrea Carletti e la rivendicazione, di recente, dell’immane tango gettato contro lo stesso sindaco ritenuto dalla Cassazione «arrestato per accuse infondate». Come se in mezzo non ci fossero le storie, terribili e tremende, contenute nelle 71 pagine di chiusura delle indagini della Procura di Reggio Emilia: con pochissime voci pubbliche, su tutte Pablo Trincia (già autore di un’inchiesta choc, “Veleno”, su fatti molti simili avvenuti negli Anni Novanta nella Bassa Modenese) e Selvaggia Lucarelli, che invece provano ad andare oltre alla sfida “politica” per raccontare quello che veramente sarebbe successo nella terribile gestione dei servizi sociali nella Val d’Enza. Un conto è dire, giustamente, che il fango gettato contro il sindaco di Bibbiano è stato veemente; un altro è dire che non è più indagato (falso, resta tra i prossimi rinviati a giudizio) e soprattutto che allora tutta l’inchiesta di Bibbiano è «fake». Le 71 pagine delle indagini dicono l’esatto contrario: «se gli indagati sono stati travolti dalla gogna, le persone coinvolte hanno vissuto lo strazio infame di essere accusate di pedofilia, di aver subito l’allontanamento dai figli, i processi, le mortificazioni pubbliche e private, di essere annientate nel loro ruolo di genitori e cittadini perbene» scrive la Lucarelli oggi sul Fatto Quotidiano.
I CAPI DI IMPUTAZIONE A BIBBIANO (NON C’È SOLO CARLETTI)
Quelle storie choc dentro le pagine dei giudici non sono altro che la “summa” di quanto emerso, in maniera più o meno chiara, in questi lunghi mesi di “caso Bibbiano” emerso per fortuna a livello pubblico. Come giustamente riporta il giornalista Pablo Trincia, in opposizione ai tanti nel Pd che hanno gridato allo scandalo “montato dalla destra” dopo la revoca degli arresti domiciliari di Carletti, «l’impressione che alcuni esponenti del PD stanno dando è che gli interessi SOLO quello che si dice sul sindaco Carletti (che certo, è stato vittima di strumentalizzazione e linciaggio) e sul loro partito (idem). Ma TUTTO il resto? Lo stanno studiando? Gli interessa?». I fatti, finora, parlano chiaro: dalle conclusioni delle indagini della Procura – citiamo ancora Trincia – i capi di imputazione passano da 102 a 108: «Peculato d’uso, abuso d’ufficio, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, falsa perizia, frode processuale, maltrattamenti in famiglia, lesioni gravissime, tentata estorsione, truffa aggravata». Dalla responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza, Anghinolfi, fino al direttore del centro “Hansel e Gretel” Claudio Foti, i capi di imputazioni e le accuse sono di una gravità immane: si dovranno difendere molto probabilmente in processo, con estremo diritto di replica e presunzione di innocenza.
LE STORIE CHOC DI BIBBIANO
Ma finora quanto raccolto li vede coinvolti molto più di quanto si vuole far credere: scrive Trincia «Per il direttore di Hansel e Gretel, Claudio Foti, i capi d’imputazione sono diventati tre: concorso in abuso d’ufficio; frode processuale; lesioni personali gravissime». Insomma, tutt’altro che una “scandalo inventato”: sul Fatto Quotidiano poi la Lucarelli fa un ottimo lavoro di raccolta dei casi più “orridi” letti all’interno di quelle 71 pagine. Si va dalla bambina che viene convinta di aver subito abusi dal padre, ma che siccome continua a mostrare una mancanza sincera per lui e per la mamma, viene affidata a una coppia di donne, amiche della responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza, Federica Anghinolfi: secondo gli inquirenti, la psicologa dice ad un suo collaboratore «postare l’attenzione per spostare l’emozione», nel senso di aiutare la bimba a dimenticare i genitori interrompendo ogni singolo incontro con loro. Poi ci sono anche le storie narrate dalle due donne affidatarie di quella stessa bambina che raccontano come la piccola «masturbava il gatto domestico»: nulla di più falso, dimostrato però molto dopo. La Lucarelli sulla storia della bimba scrive: «Non confessa gli abusi subiti dal padre e allora la moglie di Claudio Foti, Nadia Bolognini, sua terapeuta, le spiega che deve svuotare gli scatoloni “sesso” e “papà”, le suggerisce che sua madre sia una prostituta, che il sadismo nei confronti del gatto sia conseguenza degli abusi subiti. Le due affidatarie le urlano con parolacce che se non svuota gli scatoloni loro ne soffriranno». In un biglietto poi trovato nella casa delle due affidatarie, la bimba scrive «Stanotte ho pianto tanto perché mi mancavano i miei genitori». Ma le storie sono tantissime, dalle false relazioni per convincere i colleghi che esiste una setta satanica dalla quale bisogna difendere alcuni bambini, fino alle false accuse di molestie contro un padre ma anche ad un tentato esorcismo ai danni di un’altra bimba per convincerla che era abusata dal padre (anche qui niente di vero). Bibbiano è questo e molto di più e non dovrà essere la propaganda politica, in ultima analisi, a “definire” cosa è stato: serviranno anni di indagini e processi, ma la verità, se si mantiene la “barra dritta” sulla raccolta di fatti, prove e testimonianze, non potrà che emergere. Almeno lo speriamo.