Lo scandalo dei presunti affidi illeciti, il cosiddetto caso Bibbiano, ha dimostrato che l’impianto dell’affido in Italia ha delle criticità nella sua applicazione. Lo sostiene ad esempio Licia Ronzulli, senatrice di Forza Italia e presidente della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza. Secondo Ronzulli c’è eccessiva discrezionalità dei servizi sociali e prassi discordanti sul territorio. Quindi ha presentato una proposta di legge per riformare l’affido, con l’obiettivo di aumentare i controlli dei giudici e il contraddittorio con i genitori. Di questo ha parlato anche l’ex magistrato Francesco Morcavallo, ora avvocato, a La Vita in Diretta. Da anni denuncia le storture nel sistema degli affidi che non riguarderebbe solo Bibbiano e l’Emilia Romagna. «Non andavano le stesse cose che non vanno oggi. Oggi parliamo di sistema Bibbiano, ma si può parlare di un sistema italiano. Gli affidi vengono decisi senza accertare i fatti». Morcavallo parla con cognizione di causa, essendo stato dal 2009 al 2013 giudice del Tribunale dei minori di Bologna. «Dovevamo vedere se dietro queste generiche valutazioni c’erano fatti e se erano veri». Morcavallo ha poi aggiunto: «Se si dà uno strumento di autorità all’assistente sociale, allora diventa uno sceriffo. E chi doveva vigilare sull’operato non lo ha fatto».
BIBBIANO, EX GIUDICE SU AFFIDI: “ASSISTENTE SOCIALE COME SCERIFFO”
L’indagine della Procura di Reggio Emilia sui presunti affidi illeciti di Bibbiano è partita dai numeri: troppi abusi sui minori rispetto alla popolazione. Così è nato dunque il sospetto che i servizi sociali abbiano allontanato alcuni minori dai genitori per consegnarli ad altre famiglie. E ciò con relazioni false e prove manomesse. Eppure l’affido è una soluzione estrema, per la quale non bastano motivi economici. Cosa dice allora la procedura? L’affido è deciso dai servizi sociali se c’è il consenso dei genitori, o di chi esercita la potestà o del tutore, ma è il giudice tutelare a renderlo esecutivo. Se non c’è accordo, decide il tribunale per i minorenni. La procedura urgente invece prevede che i servizi sociali decidano da soli e avvisino poi il tribunale, ma a volte a distanza di mesi. In casi gravi si può ricorrere poi all’affido “professionale”, in cui una cooperativa viene incaricata di selezionare una famiglia affidataria con cui stipulare un contratto, prevedendo un contributo. Ma l’affido è una misura a “tempo”, pensata per tamponare una difficoltà momentanea, ma nella pratica dura più del previsto. E il rientro in famiglia è centrato solo nel 40 per cento dei casi.