Proseguono le udienze sul caso Bibbiano, la psicologa Nadia Bolognini ascoltata dalla Pm Valentina Salvi risponde alle accuse sui collegamenti tra la setta satanica di pedofili detta “I diavoli della Bassa modenese” e gli abusi su minori che stava seguendo come professionista. Secondo quanto riportato nel processo dalle dichiarazioni di alcuni testimoni tra cui il medico legale Maria Stella D’Andrea infatti, la psicologa avrebbe citato più volte l’organizzazione che compiva sistematicamente violenze sui bambini con modalità che coinvolgevano anche pratiche occulte e quanto stava avvenendo in Val d’Enza, fatti di cui era venuta a conoscenza tramite alcune sedute di incontri terapeutici di gruppo.
L’operatrice che all’epoca si stava occupando di curare bambini vittime di gravi traumi avrebbe non solo detto di aver visto numerose similitudini che l’avevano portata alla conclusione dell’esistenza della setta, ma anche ordinato ai suoi collaboratori, assistenti sociali compresi, di non rivelare nulla di quanto affermato e non menzionare assolutamente alcuna ipotesi fatta alle Forze dell’Ordine.
Processo Bibbiano, la psicologa Bolognini nega collegamento tra abusi in Val D’Enza e la setta di pedofili della Bassa modenese
La psicologa Nadia Bolognini, imputata nel processo Bibbiano per i casi di affidi di minori tolti alle famiglie per presunti gravi abusi sessuali, si difende nell’udienza in particolare negando le testimonianze di alcuni suoi collaboratori che avevano affermato di averla sentita fare chiaramente collegamenti tra le vittime che seguiva il caso della setta di satanisti pedofili della Bassa modenese.
In particolare la Bolognini ha negato qualsiasi allusione ad organizzazioni dicendo che avrebbe semplicemente parlato di vittime di pedofilia dopo aver seguito in psicoterapia una ragazzina che veniva fatta prostituire dei genitori e tra i clienti aveva anche alcuni uomini che agivano in gruppo. In merito alle dichiarazioni sull’ordine dato agli assistenti sociali che venivano intimati a non parlare con nessuno, la psicologa ha invece confermato dicendo di aver preso quella decisione per evitare che fatti privati potessero diventare pettegolezzi, specialmente poi insistendo sul fatto che le Forze dell’Ordine potevano non ritenere credibile una versione simile.