Considerata la prima serial killer italiana, Bice Carrara, detta Maritza, continua a destare curiosità per la sua incredibile storia in cui si intrecciano sesso, morte e magia nera. A ricostruire la figura enigmatica della chiromante e forse anche informatrice dei fascisti è il Corriere della Sera, partendo da quanto accaduto il 18 giugno 1939, quando nella casa della donna, a Parma, fu scoperto il cadavere della bambina che aveva adottato, Rosaria Orsi, morta a causa del monossido di carbonio in un tentativo maldestro di simulare un suicidio. All’epoca fervevano i preparativi per l’arrivo di Benito Mussolini, ma il giorno successivo fu scoperto un altro cadavere, quello di una donna che era stata fatta a pezzi e murata una ventina di giorni prima. Vennero così a galla due omicidi che erano solo la punta dell’iceberg di un giallo che arriva a coinvolgere anche notabili, dirigenti del partito fascista, funzionari di polizia corrotti e pure personaggi della criminalità locale.



Figlia di un padre agiato che però sprecava denaro, aprì con la madre un bordello che non si limitavano a gestire. Ma Bice Carrara voleva fare l’insegnante, anche se gli affari non andavano male, ma proprio per quelli non riuscì ad ottenere il posto, quindi mise in scena il suo suicidio, cavandosela con un graffio. A quel punto si aprì la fase più misteriosa della vita di Bice Carrara: iniziò a girare per l’Italia, lavorando in vari bordelli. A Napoli conobbe Giuseppe La Terza, attore e cantante che divenne suo marito che la spinse a inventarsi anche l’attività di chiromante, trovando così la vera vocazione e diventando Maritza. Il matrimonio però naufrago quando l’uomo scappò per un’altra donna. La fuga durò il tempo che Bice Carrara lo trovasse: lo affrontò e uccise. Eppure, riuscì a farla franca, convincendo giuria e giornalisti con la parte della moglie tradita. Fece poi un passo avanti ulteriore: non si limitava a bordelli e carte, perché iniziò a organizzare sedute spiritiche e di magia nera, intrecciando rapporti che le tornarono utili quando sarebbe poi diventata forse informatrice dei servizi segreti fascisti.



DELITTI E ABORTI TRA I MISTERI DI “MARITZA”

A ricostruire vicende e misteri di Bice “Maritza” Carrara sono stati Gian Guido Zurli e Edoardo Fregoso con le loro approfondite ricerche confluite in libri. Ad esempio, hanno scoperto che era spesso citata come donna informata sui fatti sanguinosi della Parma di quegli anni, come nel caso della morte dell’amica Gemma Pagani, ritrovata strangolata. Ma a casa della cartomante avvenivano anche aborti clandestini, perché si avvaleva dell’aiuto del professor Ferruccio Griziotti, che peraltro portò il fascismo a Parma. La collaborazione è frutto di un’ipotesi di Zurli e Fregoso, perché non ci sono prove, però lungo i torrenti di Parma tra il 1935 e 1938 vennero trovati almeno sette neonati e feti legati con uno spago.



Alcuni furono aborti professionalmente indotti, altri nacquero vivi e vennero uccisi subito dopo. Alcuni in stato di decomposizione, altri mummificati. Certo è che il ritrovamento avveniva prima o dopo un trasloco di Bice Carrara, da qui il sospetto e le voci che potesse essersene disfatta proprio a ridosso di questi trasferimenti. Tra le chiacchiere finisce anche la passione per la magia nera: si parlava anche di sacrifici. Si arriva a quei giorni del 1939, quando fu trovato il cadavere di Carmen Bertoni, nota come la Saracca per la sua corporatura striminzita. Dedita alla prostituzione, frequentava la casa di Bice Carrara per fare le pulizie. Scomparve all’improvviso, mentre alla famiglia arrivavano cartoline in cui spiegava di voler voltare pagina con un uomo. Ma quelle cartoline, spiega il Corriere, erano state falsificate da Bice Carrara, visto che il corpo venne trovato dentro a un’intercapedine, dopo il ritrovamento di quello di Rosaria Orsi.

IL MEMORIALE DI BICE CARRARA DAL CARCERE

Per quei due omicidi Bice Carrara finì nel carcere di San Francesco, da dove non uscì più. Lì dentro scrisse un memoriale per descriversi come una vittima, nella speranza forse di sfuggire alla forca. Raccontò così che la morte della figlia adottiva doveva essere un omicidio-suicidio ideato di comune accordo, in quanto la bambina avrebbe capito che non potevano lasciare Parma e raggiungere un vecchio amante a Sud per ricominciare una vita, quindi avrebbe deciso di seguirla in quel gesto estremo. In realtà, riporta il Corriere della Sera citando quanto emerso, la bambina aveva probabilmente visto e sentito troppo, quindi doveva essere messa a tacere. Comunque, Maritza non arrivò mai davanti al giudice, perché il giorno dell’udienza venne trovata impiccata alla grata della sua cella. Ma la dinamica della sua morte fu misteriosa. Di sicuro, portò nella tomba i suoi segreti. Peraltro, dopo la seconda guerra mondiale i suoi atti criminali furono confusi con quelli di un’altra assassina emiliana, più famosa, Leonarda Cianciulli, la nota Saponificatrice di Correggio, protagonista di un’altra storia.