BIDEN A ISRAELE: “SE INVADETE GAZA POI COSA FATE?”. L’APPELLO DEGLI USA SULLA GUERRA
Un passaggio in particolare ha colpito del discorso fatto dal Presidente Usa Joe Biden nella sua visita “lampo” ieri a Tel Aviv per incontrare il Premier Bibi Netanyahu nel pieno della guerra tra Israele e Hamas: il leader dem ha intimato l’alleato di non commettere gli stessi errori fatti dall’America dopo la tragedia dell’11 settembre 2001. In fila, si parla di Afghanistan, dell’Iraq, delle “armi di distruzione di massa” e tutte le conseguenze che ben sappiamo (e altre anche meno), dall’Isis al disastro delle primavere arabe.
Biden ha dato pieno appoggio alla volontà di Israele di difendersi dopo gli attacchi terroristici del 7 ottobre 2023, ma allo stesso tempo ha voluto rimarcare che un’invasione della Striscia di Gaza con occupazione successiva potrebbe non essere affatto conveniente prima di tutto per Israele stesso, poi per la catastrofe umanitaria che è già i corso tra i civili palestinesi. Le “pressioni” che dai Paesi del Golfo alla Cina fino ora anche agli Stati Uniti sono di non avallare un’invasione su terra: in attesa di capire se il “timing” ancora lento di Netanyahu sia dipeso proprio dalle resistenze a inimicarsi (più di quanto già non sia lo scenario attuale) larga parte della geopolitica mondiale, alcune ammissioni fatte dall’esercito israeliano vanno nella direzione quantomeno del porsi la problematica delle conseguenze eventuali di un attacco totale via terra. «Anche se dopo l’11 settembre abbiamo visto giustizia e l’abbiamo ottenuta, abbiamo anche commesso degli errori», così ha spiegato fuori dai denti il Presidente Biden nel vertice di ieri anche davanti alle telecamere.
DA BIDEN A PETRAEUS: “FATTO ERRORI IN IRAQ, POI È NATA L’ISIS”
La rabbia che prova ora Israele dopo l’attacco subito da Hamas, rileva ancora Biden, è la stessa che anche gli Usa hanno sperimentato dopo l’11 settembre: «c’è shock, dolore, rabbia divorante». Eppure, nota il Presidente Usa, a causa di quella rabbia legittima «gli Stati Uniti hanno commesso degli errori dopo l’11 settembre». Per questo Biden ha chiesto a Netanyahu di non occupare militarmente Gaza, ricordando come la maggioranza dei palestinesi non è per forza affiliata ad Hamas: «Ciò che ci distingue dai terroristi è che crediamo nella dignità fondamentale di ogni vita umana», e quindi la reazione che deve esserci dovrà però risultare «proporzionale».
Da Al Qaeda di Bin Laden ad Hamas, il parallelo corre nella mente di tanti in Occidente in questi giorni e da lì il timore delle conseguenze qualora Israele dovesse imbroccare la stessa direzione degli Usa di Bush jr all’epoca. «La portaerei Ford verrà trasferita nel Mediterraneo per esercitare il suo potere di deterrenza ed evitare che il conflitto si allarghi», ha chiarito ancora Biden che ha pure parlato di 100 milioni di dollari di fondi Usa per l’assistenza umanitaria a Gaza e Cisgiordania. «Questo denaro», ha concluso il Presidente, «sosterrà oltre un milione di sfollati per il conflitto, comprese le necessità di emergenza a Gaza». I rischi per un nuovo post-11 settembre li ha poi evidenziati oggi l’ex generale David Petraeus, protagonista dell’assalto all’Iraq di Saddam Hussein, in una intervista al “Corriere della Sera”: «Si deve dedicare tempo considerevole alla pianificazione del dopoguerra e non solo alle operazioni di combattimento. Israele non sembra voler occupare Gaza, comprensibilmente, date le sfide e il prezzo che implicherebbe». Secondo l’ex militare Usa, v’è una forte difficoltà di distruggere Hamas e la Jihad islamica con poi l’evitare che si ricostruiscano dopo la guerra: «La lezione imparata duramente in Iraq, dopo la partenza delle ultime truppe Usa, è che un gruppo estremista — lo Stato Islamico in quel caso — può ricostituirsi se vengono meno attenzione e pressione», conclude Petraeus.
In risposta ieri il Premier Netanyahu incontrando Biden aveva sottolineato come il 7 ottobre in proporzione è come 20 volte l’11 settembre americano: «Il 7 ottobre, Hamas ha ucciso 1.400 israeliani, forse di più. Questo è un Paese di meno di 10 milioni di abitanti. Questo sarebbe l’equivalente di più di 50mila americani uccisi in un unico giorno. Sono venti 11 settembre. Ecco perché il 7 ottobre è un altro giorno che rimarrà nell’infamia». Basterà ricordarsi delle conseguenze viste dopo l’11 settembre – dal Golfo “incendiato” alle “primavere arabe” fallite fino al terrorismo internazionale dell’Isis, tra l’altro rispuntato proprio in questi giorni – per evitare un nuovo conflitto su scala mondiale in Medio Oriente?