lei a Kiev si è presentato il presidente americano Joe Biden, pronto a ribadire, a pochi giorni dal primo anniversario dell’avvio della “operazione speciale” voluta da Putin contro l’Ucraina, poi trasformatasi anche nella sua definizione verbale in guerra vera e propria, che gli ucraini continueranno ad avere il sostegno dell’Occidente.
Dietro alle parole, comunque, sullo sfondo, resta la possibilità di arrivare a una trattativa che faccia tacere le armi. Una visita, quella di Biden, dalle mille sfumature: le spiega il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di Vertice interforze e della Brigata Folgore in numerosi teatri operativi tra cui Somalia e Kosovo.
Qual è il vero motivo della visita di Biden a Kiev, una specie di risposta preventiva al discorso di Putin atteso per il 21 febbraio?
Credo che si debba inquadrarla in una sorta di offensiva politico-diplomatica anche in seguito alla Conferenza di Monaco. Una dimostrazione di attenzione per il momento che sta vivendo l’Ucraina, in crisi militare per l’iniziativa russa che subisce nel Donbass e in crisi politica per la perdita del ministro dell’Interno in un incidente di elicottero e un turnover nel vertice governativo di Zelensky anche in relazione a vicende di corruzione. Sicuramente il significato è di dare a Zelensky, ma anche a chi osserva quello che sta succedendo, l’idea di un continuo sostegno da parte statunitense e conseguentemente da parte di Nato ed Europa, nei confronti dell’Ucraina.
Un appoggio confermato anche dalla Nato.
L’appoggio di una superpotenza mondiale come gli Usa ha una sua importanza, enfatizzata anche da dichiarazioni della Nato per bocca di Stoltenberg che praticamente ha dichiarato guerra alla Russia dicendo che il vero rischio è che Mosca vinca: è come se si fosse impegnato per impedirlo. C’è da dire che contemporaneamente a questa visita i media americani e non solo parlano della visita di un diplomatico di alto rango cinese a Mosca, il consigliere di Stato Wang Yi.
Biden ha annunciato lo stanziamento di nuovi fondi destinati all’Ucraina, ma di fatto cosa è andato a dire a Zelensky? Nelle ultime settimane anche la stampa americana ha rilanciato l’ipotesi di un’amministrazione Usa che spinge Kiev verso la necessità di trovare un accordo.
Spero che Biden sia andato per verificare di persona se ci sono spazi per trovare una soluzione a questa guerra in maniera diversa dalla prosecuzione fino all’esaurimento di tutte le scorte ucraine di uomini e mezzi, come all’esaurimento delle scorte occidentali, perché ormai di munizioni non ce ne sono più. Si sta facendo strada l’idea che si debba arrivare a una soluzione diversa da una semplice sconfitta militare della Russia. Questo in fin dei conti è stato anche ammesso da Stoltenberg stesso: ha detto che è necessario che l’Ucraina non perda, però ha anche detto che occorre arrivare a una pace onorevole. E a questo si può arrivare solo discutendo.
Ma su che basi è possibile un accordo?
L’Ucraina potrebbe rinunciare a parte del suo territorio, in cambio potrebbe avere un accesso alla Nato nel momento in cui si arrivasse a una situazione di pace.
Una conferma alla prospettiva di un’intesa la si potrebbe trovare anche nelle parole di Biden secondo cui la vittoria nel conflitto arriverà nel 2023? Difficile che gli ucraini riescano ad avere un successo militare entro fine anno, più probabile forse che si possa arrivare a un cessate il fuoco che metta fine ai combattimenti?
Stiamo assistendo al fatto che la Russia ha le risorse per continuare la guerra e quelle che non ha le arrivano da quella larga parte del mondo che non si è accodata disciplinatamente alle sanzioni imposte da Biden. Quindi sì, se nel 2023 si può arrivare a una vittoria, ma metterei il termine fra virgolette perché bisogna vedere cosa si intende per vittoria, potrebbe essere una soluzione mediata. Biden, comunque, non è soltanto il presidente della principale potenza mondiale, è anche uno che in Ucraina ha suoi interessi.
Biden come persona o come industria americana in generale?
Biden aveva degli affari in corso in Ucraina e proprio nel Donbass perché è una zona ricca di idrocarburi. Si sarebbe addirittura mosso con Zelensky per rimuovere un giudice che voleva procedere contro suo figlio Hunter. C’è, insomma, una vicinanza tra Biden e l’Ucraina che prescinde dalla guerra in corso.
E comunque ci sono interessi economici americani di altro tipo?
Sì. C’è ad esempio BlackRock che si è già assicurata grandi interventi, e quindi anche grandi affari, per la ricostruzione. Poi c’è Monsanto Bayer che ha acquisito i diritti per la coltivazione e la commercializzazione delle granaglie. L’Ucraina è un’area di grande interesse per gli Stati Uniti, non solo strategica per il fatto che è sul mar Nero e per il fatto che fronteggia la Russia, ma anche per ragioni più economiche.
Gli americani hanno rilanciato le accuse ai cinesi di armare la Russia, mentre Pechino ha organizzato una missione a Mosca per sottoporre un suo piano di pace. Come stanno le cose? La Cina sostiene in qualche modo militarmente la Russia?
Credo che la sostenga anche praticamente, già non aderendo alle sanzioni, ma probabilmente la sostiene anche dal punto di vista militare, si dice con componenti tecnologiche importanti come i radar per i loro sistemi d’arma. Cosa sia andato a fare questo alto diplomatico cinese a Mosca per adesso non lo sappiamo. Sì, c’è questa iniziativa di pace cinese che è stata annunciata. Potrebbe anche essere che la visita voglia dimostrare un’alleanza di fatto di cui Mosca ha bisogno, perché per quanto dimostri di avere risorse importanti è chiaro che si trova anche in una situazione di crisi dovuta anche al parziale isolamento internazionale.
Russia e Cina, insomma, restano legate.
La Cina tra una vittoria russa e una occidentale deve augurarsi che quanto meno Mosca non perda. Tra l’altro, russi e cinesi stanno facendo un’esercitazione in Sudafrica: c’è una collaborazione anche militare non trascurabile. E poi la Cina ha sempre un occhio su Taiwan, e nel momento in cui avesse problemi su questo fronte non potrebbe averne anche con la Russia.
(Paolo Rossetti)
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