All’indomani della cerimonia di insediamento, il nuovo presidente Usa Joe Biden fa la sua prima mossa in campo internazionale. All’alba di ieri un convoglio militare formato da 40 camion e numerosi veicoli blindati ha invaso la Siria nord orientale scortato da caccia, elicotteri e centinaia di soldati, entrando nel governatorato di Al-Hasakah. Lo rivela l’agenzia Sana, che parla di una grande quantità di armi e attrezzature logistiche che sono state trasferite nelle basi nelle province di Hasakeh e Deir Ezzor. L’attività delle forze americane sono ormai routine, peraltro gli Stati Uniti spostano spesso i propri mezzi, ma questa attività è significativa perché l’elezione di Biden nella “narrazione” dei media era descritta come una rottura con il passato. La notizia comunque è stata rilanciata dal canale televisivo israeliano i24news, secondo cui il convoglio sarebbe entrato in Siria dall’Iraq, tramite il valico di al-Waleed.



L’agenzia Sana riferisce anche che circa 200 truppe statunitensi sono arrivate nella provincia di Hasakeh per schierarsi nei vicini campi petroliferi, con i curdi che controllano la zona orientale ricca di risorse energetiche. La coalizione guidata dagli Stati Uniti ha lavorato a stretto contatto con i curdi nella compagna contro lo Stato islamico. Alla fine del 2020 il predecessore Donald Trump aveva però ordinato il ritiro delle truppe statunitensi dalla zona per rispiegarsi in Iraq. Joe Biden invece mischia le carte in tavola.



USA, BIDEN E LE MOSSE IN MEDIORIENTE

A tal proposito, Jim Jeffrey nei giorni scorsi ha scritto su Foreign Affairs un articolo in cui esortava il presidente eletto Joe Biden a mantenere la stessa politica mediorientale di Donald Trump, incoraggiandolo a evitare le «guerre senza fine» di George W. Bush e Barack Obama. L’ex inviato americano suggeriva invece di concentrarsi sull’Iran, il “contenimento” della Russia e la lotta al terrorismo. Nel suo articolo ha evidenziato che Donald Trump ha imboccato una strada diversa che ha avuto dei risultati: ha lavorato principalmente con partner sul campo, anziché intervenire politicamente e militarmente, evitando così intralci nei conflitti regionali. Ma Biden da vicepresidente durante all’amministrazione Obama non è stato tra i più attivi sostenitori della necessità di aiutare l’opposizione ad Assad. Al Congresso contestò duramente le posizioni di Mitt Romney, allora candidato repubblicano, sottolineando che sarebbe stati disastroso intervenire in Siria. Una visione considerata lucida e lungimirante, ma chi pensava che avrebbe ordinato il ritiro completo delle truppe Usa schierate a difesa dei curdi si sbagliava, perché una presenza limitata serve a garantire che l’Isis non rialzi la testa.

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