Joe Biden alla fine – dopo settimane di insistenza – sembra non aver retto la pressione e ha annunciato ufficialmente le sue (per così dire) ‘dimissioni’ dalla corsa elettorale di novembre lasciando il suo posto ad un candidato che possa avere delle concrete chance di battere Donald Trump alle urne; ma proprio mentre una buona parte dei Repubblicani esultano e festeggiano, sono anche in moltissimi quelli che da ogni parte degli States – e non solo – vorrebbero fare una doppietta ottenendo anche le formali dimissioni di Joe Biden dalla sua attuale poltrona di Presidente in carica. Il Dem – dal conto suo – non sembra star neppure valutando questa ipotesi, tanto che annunciando il ritiro dalla corsa ha promesso che dedicherà tutte le sue attenzioni agli ultimi mesi di lavori nella Casa Bianca, endorsando la sua vice Kamala Harris per le elezioni.
Di fatto il ritiro di Biden dalla corsa è (quasi) un unicum in tutta la storia repubblicana degli Stati Uniti e prima di lui solamente Lyndon Johnson decise di non ricandidarsi – nel lontano 1968 – per un secondo mandato; mentre non ci sono testimonianze di presidenti che abbiano rassegnato le dimissioni – come dovrebbe fare Joe Biden secondo i Repubblicani – poco prima dell’appuntamento alle urne.
Gli appelli per le dimissioni di Joe Biden: da Donald Trump allo speaker Mike Johnson e al vice JD Vance
A chiedere per primo a grande (grandissima) voce le dimissioni di Joe Biden dalla carica presidenziale è stato – forse ovviamente – Donald Trump che sul suo social Truth poche ore fa ha criticato il “disonesto” Presidente, sottolineando che “[se] non era in grado di candidarsi, non lo è neanche di assolvere all’incarico” precisando che forse “non lo è mi stato”. Secondo Trump “tutti coloro che lo circondavano, compreso il suo medico e i media, sapevano che non era in grado” e questa mossa dimostrerebbe chiaramente che è stato “il presidente di gran lunga peggiore del Paese”. All’appello di Trump per le dimissioni di Joe Biden si è unito anche Mike Johnson, speaker repubblicano della Camera, che ha pubblicato un lungo post di accusa sul social Twitter, partendo dal sottolineare che “dobbiamo essere chiari su ciò che è accaduto”.
Secondo Johnson – infatti – “poco più di 100 giorni prima delle elezioni” il presidente in carica ha “invalidato i voti di oltre 14 milioni di americani” che lo avevano scelto durante le presidenziali Democratiche e sicuramente neppure “Kamala Harris” darà al partito “prospettive [di vincita] migliori“. La vice a suo dire sarebbe “a conoscenza da più tempo di chiunque altro della sua incapacità di servire” e proprio ricollegandosi a quest’ultima – per arrivare alle dimissioni – ci tiene anche a sottolineare che “se Joe Biden non è idoneo a candidarsi alla presidenza, non è idoneo a svolgere l’incarico. Deve dimettersi immediatamente“, conclude Johnson.
In serata, poi, è arrivato anche l’appello del vice di Donald Trump, JD Vance, che sempre su Twitter ha sottolineato per la terza volta che se il Dem “non ha la capacità cognitiva di candidarsi, allora non ha certamente la capacità cognitiva di rimanere come presidente“, lasciando intendere che sarebbe anche lui favorevole alle dimissioni di Joe Biden.
Cosa succede se Biden rassegna le dimissioni: al potere la Harris, ma con l’incognita dell’opinione dell’elettorato
Ma oltre agli appelli – e sono ben più numerosi dei due che abbiamo citato – resta da capire cosa succederebbe se Joe Biden decidesse davvero di rassegnare le dimissioni e (soprattutto) se sia una mossa praticabile. La risposta alla seconda domanda è che sì, certamente potrebbe farlo, ma con un importante ma: ovvero un (quasi certo) crollo della fiducia degli elettori nell’intero partito che potrebbe arrivare alle elezioni in una posizione decisamente svantaggiata; mentre rispondendo alla prima nel caso di dimissioni da parte del Presidente in carica – in questo caso Joe Biden – completerebbe il mandato la sua vice, con poteri abbastanza limitati simili alla nostrana ‘gestione ordinaria’ dei governi sfiduciati.
L’ipotesi più accreditata è che – salvo enormi pressioni mediatiche come quelle che abbiamo visto negli ultimi giorni per il ritiro dalla corsa elettorale – Joe Biden non rassegnerà le dimissioni e rimarrà a svolgere (forse in penombra) le sue funzioni ordinarie per i prossimi mesi; mentre guardando al partito è difficile intuire chi prenderà il suo posto nella corsa elettorale: il nome della vice Harris è quello che va per la maggiore, ma tutto si deciderà solo il 19 agosto, dopo la prossima (ed ultima pre-voto) convention Democratica che metterà in scena una mini primaria tra pochi candidati selezionati.