“America is back” è lo slogan lanciato dai media americani e raccolto da quelli italiani per la prima visita europea del nuovo presidente americano Joe Biden. Dopo gli anni di chiusura e di rottura da parte dell’amministrazione Trump nei confronti dell’Europa, che America è quella che “torna” ad avvicinarsi a noi? Molte cose sono cambiate in questi ultimi quattro anni, sia negli Stati Uniti che in Europa.
Secondo l’analista politico Andrew Spannaus, giornalista e opinionista americano, fondatore di Transatlantico.info, “Biden ha un approccio tutto suo nel portare avanti i rapporti internazionali. Da una parte si presenta amichevolmente con l’intenzione di rinnovare le alleanze e aprire nuove collaborazioni, dall’altra così facendo si arroga il diritto di criticare tutto ciò di cui non è d’accordo. Quanto questo suo approccio diplomatico potrà funzionare, sinceramente non so dirlo”.
L’America torna a incontrare l’Europa, dopo anni di scontri e di rotture. Che cosa porta Biden?
Sicuramente Biden vuole proiettare una immagine collaborativa in cui l’America riprende una posizione di leadership andata perduta secondo lui con Trump. Tra i suoi temi fondamentali ci sono la questione dei diritti umani e quella climatica, ma anche quei temi che hanno preso piede durante gli anni di Trump e che sono i temi importanti anche per Biden.
Quali?
Sopra a tutto, come affrontare la Cina, come cambiare le catene di produzione, la sicurezza economica, come attuare una nuova strategia per contrastare la crescita dell’influenza cinese che riguarda tutta l’area del Pacifico, cosa di cui si parla molto negli Stati Uniti.
Secondo alcune indiscrezioni Johnson e Biden firmeranno una “nuova carta atlantica” sul modello di quella firmata da Churchill e Roosevelt nel 1941. Un modo per stringere un’alleanza storica?
L’approccio di Biden è di stringere nuove alleanze con gli alleati storici. Il Regno Unito anche se non è più in Europa è alleato storico, da parte di Biden si vuole rafforzare e dare l’immagine di un occidente coeso contro la Russia e principalmente la Cina. Insieme a questo Biden cerca di essere molto franco sui temi dove c’è disaccordo. È un metodo molto particolare nel quale si presenta come amico, come alleato che enfatizza l’importanza di stare insieme, ma secondo lui gli dà anche la possibilità di criticare apertamente le cose con cui non è d’accordo.
Ad esempio la questione nordirlandese in cui ancora prima di partire ha criticato fortemente l’approccio di Johnson?
È un tema che avevo anticipato l’anno scorso nel mio libro (L’America post-globale. Trump, il coronavirus e il futuro, ndr), il suo approccio amichevole gli avrebbe dato la possibilità di avanzare richieste. Ci sono già dei cambiamenti, dei passi significativi. Ha accettato la realtà del Nord Stream 2, non vuole litigare per sempre su questo, riconoscendo che non bisogna spingere la Germania ancora di più verso la Russia. Ha ottenuto dall’Europa un cambiamento nei confronti della Cina: l’Europa ha congelato molti accordi e ha aperto un dialogo con l’India. È la visione attuale di Washington della strategia internazionale.
Sempre secondo indiscrezioni al termine del G7 ci sarà una lettera comune che verrà inviata all’Oms chiedendo di fare chiarezza sulle eventuali responsabilità cinesi nella diffusione del Covid. Non porterà a un ulteriore irrigidimento di Pechino?
Su questo tema, già nel mio ultimo libro avevo sottolineato l’importanza di indagare, e l’ho scritto di nuovo su Transatlantico prima che Biden chiedesse questa indagine. Le evidenze, le prove circostanziate sono forti a proposito della possibilità di fuoriuscita del virus dal laboratorio di Wuhan. Non abbiamo la prova concreta ma è importante parlarne dopo che i media internazionali hanno bloccato per tutto lo scorso anno ogni notizia sulla possibile colpa cinese della pandemia accusando tutti di complottismo.
Quindi Biden su questo sarà con l’Europa?
L’indagine già chiesta da Biden e adesso dall’Europa è fuori di dubbio che non potrà raggiungere alcun risultato, ma mettere in discussione il modo di fare le ricerche che modificano i virus è importante. Occorre una cautela molto maggiore per il futuro. La Cina non è contenta di questo anche se la colpa sarebbe di tutti, non solo dei biologi cinesi. Pechino non ne vuole parlare, vede questa pressione in chiave trumpiana, per cui dare la colpa alla Cina è dare colpa alla sua diplomazia. Serve non presentare tutto come indagine anti-cinese per evitare il muro totale e invece cercare di capire, cosa che serve per tutti per evitare altri episodi analoghi.
Biden parteciperà anche a un vertice Nato dove sarà presente l’amico/nemico Erdogan. Che cosa potrebbe succedere?
Erdogan è sempre un enigma. La Nato ha capito che non si può più fidare di lui, Biden con la sua volontà di insistere sui diritti umani non potrà avere un dialogo con Erdogan. Militarmente gli Usa si stanno appoggiando ad altri paesi nell’Europa orientale per non dipendere dalla Turchia.
Infine l’incontro con Putin. Sembra di capire che sarà più un incontro di aspetto formale, o no?
No. Ci sono temi molto importanti, a Washington si parla da mesi dell’importanza di questo incontro. Vogliono trovare il modo di collaborare, Biden ha già deciso che più che altro insisterà sulle operazioni di destabilizzazione russe, le cyber-interferenze elettorali; parlerà di questo. Però vuole assolutamente trovare collaborazione sul controllo degli armamenti nucleari e poi ha bisogno di aiuto nel Medio oriente e in Asia. La grande preoccupazione americana è che si sta stringendo maggiormente l’alleanza tra Russia e Cina e questo preoccupa le istituzioni americane.
Un compito non da poco.
In effetti Biden si trova in una situazione contraddittoria. Vuole fare la voce grossa alimentando il problema delle interferenze, ma vuole fare dei progressi sui dossier difficili. Vorrebbe ad esempio istituire un consiglio cyber-internazionale per evitare questi attacchi guidati non necessariamente da paesi stranieri ma da gruppi criminali, vorrebbe fare processi sull’Ucraina. Da un lato ha vari punti sui quali vorrebbe andare avanti, dall’altro vuole fare la voce grossa; sinceramente non so se gli riuscirà tutto questo.
(Paolo Vites)
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