I media italiani snobbano la prima visita di Joe Biden in Medio Oriente, soffermandosi sulla presunta mancanza di un piano che riguardi il problema palestinese-israeliano, a differenza di quanto fecero Obama prima e Trump dopo. Non è così, ci ha spiegato in questa intervista Filippo Landi, già corrispondente Rai da Gerusalemme: “Biden, in un momento storico in cui molti in Israele considerano ormai prossima l’annessione dei territori palestinesi, ha ribadito la linea storica delle amministrazioni democratiche, la soluzione dei due Stati indipendenti, come via migliore per garantire pace e stabilità ai due popoli”. Molto importante, ci ha detto ancora Landi, è la firma di un memorandum che riguarda la minaccia nucleare iraniana, “anche se pur in questo caso i due Paesi hanno prospettive diverse”.
Secondo molti commentatori, la visita di Biden in Israele è passata in secondo piano rispetto a quella in Arabia Saudita, per la mancanza di un piano concreto sulla questione israeliana-palestinese. È così?
Ricordiamo innanzitutto che si tratta di un viaggio in Medio oriente, non solo in Israele. La tappa in Arabia Saudita per ragioni politiche ed economiche è diventata la tappa principale, così come il tema dell’opposizione di Israele e Stati Uniti a un armamento nucleare iraniano è diventato l’argomento principale. La firma di quello che è stato chiamato “Dichiarazione di Gerusalemme” lo conferma ma ci sono dei punti da sottolineare e chiarire.
Ci dica. Quali?
Il primo è che per Biden la via del confronto diplomatico con l’Iran è la via primaria da tenere, viceversa il primo ministro facente funzione Lapid ha detto che bisogna mettere sul tavolo anche una seria minaccia militare per costringere l’Iran a rinunciare a ogni ipotesi di armamento nucleare. Questa differenza è importante.
Quali ulteriori passi concreti si possono prevedere a proposito di questa annosa problematica, aperta dall’amministrazione Trump, e che vede come dice lei due atteggiamenti diversi?
I passi concreti sono di due tipi. Il primo è stato mostrato in modo spettacolare all’arrivo di Biden dopo un viaggio lungo e faticoso, quando è stato portato nella zona dell’aeroporto Ben Gurion a visitare i sistemi antimissile israeliani. Non si può dimenticare che questi sistemi sono prodotti in Israele ma sono finanziati dagli Stati Uniti e quindi il messaggio è che gli aiuti militari americani rimangono una costante delle amministrazioni.
Il secondo aspetto?
Il secondo elemento si rintraccia nello stesso memorandum, dove si dice che la posizione dell’Iran verrà monitorata anche sugli alleati nella regione. Vengono infatti citati Hezbollah, Hamas, la Jihad islamica. Questo sembra essere un via libera o meglio una continuazione del via libera degli attacchi israeliani più o meno mirati a questi gruppi islamisti e quindi Israele si sente libera di colpire dentro e fuori la Palestina, in Libano e in Iraq come già successo.
Veniamo alla visita in Arabia Saudita. Biden chiederà di aumentare la produzione di petrolio per far fronte alla crisi generata dal conflitto in Ucraina. Ci riuscirà?
Non solo. Biden chiederà anche di stabilire normali rapporti diplomatici con Israele, cosa che fino ad adesso non è stata fatta nonostante l’avvicinamento negli ultimi anni dei due Paesi. Questo potrebbe avere una ricaduta favorevole in Israele riguardo al definitivo controllo dell’intera città di Gerusalemme. È un passo però politicamente molto delicato che potrebbe avere contraccolpi pericolosi per la credibilità dell’Arabia in tutto il mondo non solo arabo ma anche musulmano.
E per quanto riguarda il petrolio?
L’inflazione negli Usa è arrivata al 9% annuo spinta dall’aumento del prezzo dei carburanti, quindi un aumento della produzione potrebbe essere di effetto positivo per calmierare i prezzi del petrolio sul mercato internazionale. C’è però un problema anche politico. Riad ha fatto sapere all’amministrazione Biden che questo è possibile a condizione che non interferiscano sul tema dei diritti umani. Nessuno in America ha dimenticato l’assassinio del commentatore arabo sui media americani Kashoggi, di cui è chiara la responsabilità saudita. Non sarà facile per Biden trovare una via comune.
(Paolo Vites)
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