Joe Biden, dopo l’arresto di Rached Ghannouchi, leader storico del partito islamista tunisino Ennahdha, si è schierato con i Fratelli Musulmani. Il fermo è stato disposto poiché l’uomo, già in precedenza indagato per terrorismo, è accusato dal Governo di aver invocato la guerra civile qualora “l’islam politico fosse stato eliminato”.
Da qui la presa di posizione del Dipartimento di Stato Usa, che come riportato da Libero Quotidiano ha sottolineato come le azioni contro gli oppositori politici in Tunisia “sono in contrasto con i principi adottati dai tunisini nella Costituzione, che garantisce esplicitamente la libertà di opinione, pensiero ed espressione”. Inoltre, la chiusura della sede del partito di Rached Ghannouchi è stata definita come “una preoccupante escalation del Governo tunisino contro presunti oppositori”. Non si tratta, ad ogni modo, di affermazioni sorprendenti. Joe Biden, già quando era vice presidente, alle spalle di Barack Obama, aveva infatti espresso la medesima ideologia. Adesso però le conseguenze potrebbero essere rilevanti.
Biden si schiera coi musulmani dopo arresto Ghannouchi: la questione migranti
Il fatto che Joe Biden si sia schierato con i Fratelli Musulmani dopo l’arresto del loro leader Rached Ghannouchi, infatti, potrebbe compromettere l’accordo anti-migranti che stava per essere stipulato tra l’Europa e la Tunisia per evitare le partenze illegali. Il rischio è quello di far saltare tutto. Il patto, infatti, passa da un programma di finanziamento del Fondo Monetario Internazionale, che ha sede a Washington ed è particolarmente sensibile alle influenze della Casa Bianca. Nel caso in cui arrivasse il “no”, da Tunisi potrebbe scatenarsi l’invasione.
“La Tunisia, che rispetta pienamente il principio di non ingerenza negli affari interni degli altri Paesi, ricorda a coloro che non si sono preoccupati della gravità di queste osservazioni irresponsabili e pericolose che le leggi si applicano a tutti senza discriminazioni”, questa intanto è stata la replica al Dipartimento di Stato Usa del presidente tunisino Kais Saied attraverso il Ministero degli Esteri.