Joe Biden ha annunciato lo stop sulla costruzione di nuovi terminali di esportazione di gas naturale liquefatto (GNL). Un’importante battuta d’arresto per un settore in rapida crescita: il presidente degli Stati Uniti ha citato la “minaccia” climatica come causa. “Questa pausa sulle autorizzazioni dei terminali di GNL tiene conto di ciò che la crisi climatica rappresenta realmente: una minaccia esistenziale” ha scritto il capo di Stato americano in un comunicato. L’annuncio è arrivato in piena campagna elettorale: non è da escludere un faccia a faccia tra Joe Biden, che ha spinto per finanziare la transizione energetica nel 2022, e Donald Trump, che non crede neppure al riscaldamento globale.
“I repubblicani +MAGA+ (slogan di Donald Trump, ndr) stanno negando l’urgenza della crisi climatica, condannando il popolo americano a un futuro pericoloso, il mio governo non starà a guardare. Non cederemo agli interessi particolari” ha sottolineato ancora il presidente. Si tratterebbe di una scelta dettata da motivi politici interni che rischia di avere conseguenze sul mercato energetico globale, cambiando prospettive sul combustibile, mettendo in difficoltà l’Europa. Senza il Gnl degli Usa, infatti, l’Europa non avrebbe superato lo shock dei tagli al gas russo e ora punta su un aumento delle forniture per azzerare la dipendenza da Mosca, un traguardo che vorrebbe raggiungere entro il 2027. Il timore che l’industria del Gnl statunitense si fermi è concreto: Eurogas, associazione di settore europea, si è esposta pubblicamente con un appello per “evitare inutili proibizioni o limitazioni a nuove esportazioni” perché “innescherebbero deliberatamente un nuovo periodo di votatilità dei prezzi in Europa”.
GNL, l’Europa trema dopo le parole di Biden
“Se la capacità di esportazione addizionale di GNL non si materializza, il rischio è che si prolunghi lo squilibrio tra domanda e offerta a livello globale” si legge nella nota del 17 gennaio del presidente di Eurogas, Didier Holleaux. In un editoriale del Wall Street Journal viene spiegato che Europa e Asia smetterebbero di vedere gli Usa come “un alleato affidabile” e inizierebbero a comprare Gnp da Paesi nemici. Gli Stati Uniti sono al momento una potenza incontrastata nel settore dell’Oil & Gas, primi al mondo per produzione ed esportazione di idrocarburi. Nei prossimi anni il mercato promette di crescere ancora, spiega il Sole 24 Ore.
Nel 2023 l’export di Gnl di Washington ha superato anche Qatar e Australia, con 90 milioni di tonnellate partiti, di cui due terzi con destinazione Europa. Ci sono altri 5 terminal in costruzione (che vanno ad aggiungersi ai 7 già esistenti). Qualche impianto è vicino alla conclusione ma l’autorizzazione all’export tarda ad arrivare. Questi progetti rischiano ora di finire nel limbo, almeno fino alle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Biden sta valutando da settimane la mossa: un provvedimento potrebbe essere adottato molto presto. Le pressioni degli attivisti ambientali, infatti, sono sempre più forti dopo la Cop28 in cui tutti i Paesi – o quasi – si sono impegnati a prendere le distanze dai combustibili fossili.