Il settore delle Big Pharma è in lotta con il Governo degli Usa. Il presidente Joe Biden, come riportato da Le Monde, ha infatti annunciato la volontà di abbassare i prezzi dei medicinali con l’obiettivo di risparmiare 25 miliardi di dollari all’anno entro il 2031. La norma sulla negoziazione dei costi per Medicare è stata inserita nell’Inflation Reduction Act e ha creato non poche polemiche in questi mesi. I laboratori non ci stanno a ridurre i loro profitti.
A giugno scorso l’azienda farmaceutica Merck & Co ha citato in giudizio l’esecutivo sostenendo che il programma viola il quinto e il primo emendamento al la Costituzione degli Stati Uniti. E non è l’unica intenzionata a boicottare la nuova norma. È da considerare, infatti, che quest’ultima rappresenterebbe una rivoluzione storica per il Paese. Perché, a differenza dell’Europa, dove gli Stati hanno da tempo regolato i prezzi dei prodotti sanitari, i laboratori americani hanno goduto fino ad ora di piena libertà sul proprio territorio.
Big Pharma contro Governo Usa: la battaglia sui prezzi dei farmaci
La deadline della battaglia delle Big Pharma contro il Governo degli Usa è fissata per il 1° settembre, quando il nuovo programma, contenuto nell’Inflation Reduction Act, comincerà a entrare in vigore. L’esecutivo svelerà infatti l’elenco dei primi dieci farmaci oggetto delle iniziali trattative sui prezzi, per i quali però i nuovi costi si applicheranno soltanto dal 2026. I produttori interessati a quel punto avranno un mese di tempo per accettare di entrare nella discussione. In caso di rifiuto, saranno soggetti a sanzioni pecuniarie molto pesanti, a meno che non ritirino i loro prodotti dal programma Medicare e perdano, di conseguenza, importanti profitti.
Le case farmaceutiche non intendono ritrovarsi di fronte a questo aut aut. È per questo che stanno cercando di perseguire qualsiasi strada. Dopo non essere riusciti a far cadere il provvedimento durante il voto del Congresso, si sono da allora incaricati di influenzare i termini di applicazione con i decisori pubblici, sostenendo che un calo dei prezzi, riducendo i loro profitti, metterebbe a rischio il finanziamento della ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci.