DIREZIONE PD VERONA CONFERMA L’EPURAZIONE DI ANNAMARIA BIGON: NON SARÀ PIÙ VICESEGRETARIA DEM

Lo aveva preannunciato, ora è divenuto effettivo: la direzione provinciale del Pd di Verona ha approvato lunedì sera scorso a larga maggioranza – 46 Sì, 1 No, 2 astenuti – la mozione a favore della legge regionale sul Fine Vita, di fatto confermando la revoca dell’incarico da vicesegretaria provinciale per Annamaria Bigon. Decisivo il suo voto di “astensione” dato in Regione Veneto nelle votazioni dello scorso gennaio sulla legge legata al Fine Vita: la mozione presentata oggi dal Pd veronese riguardava il pieno sostegno a quell’iniziativa dell’Associazione Luca Coscioni, screditando di fatto la libertà di coscienza esercitata da Bigon in Consiglio Regionale.



Il segretario provinciale Franco Bonfante ha parlato di «smarrimento e rammarico» per il voto affossato per un solo voto decisivo, «favorita anche dal voto di astensione (che in Regione equivale a voto contrario) della nostra rappresentante veronese, appellatasi alla libertà di coscienza». Con quel voto Bonfante, il quale già in precedenza aveva revocato l’incarico di vicesegretaria ad Annamaria Bigon, si giocava la sua posizione alla guida del Pd di Verona, in quanto aveva annunciato dimissioni immediate qualora non fosse passata la mozione lunedì scorso: il “referendum” interno al Partito ha portato un quasi plebiscito contro Bigon con due soli voti in controtendenza (Efrem Bigon, il cugino della consigliera regionale, e Vincenzo Tinelli. «Non ho mai pensato a sanzioni disciplinari perché il tema è politico. Con l’esame della mozione – ha spiegato Bonfante al “Corriere della Sera Veneto” – si chiude, almeno per quanto mi riguarda, il confronto sul fine vita».



IL VOTO IN VENETO CONTRO LA LEGGE SUL FINE VITA: PERCHÈ BIGON VIENE CONTESTATA

Il tema però sembra tutt’altro che essere chiuso, specie guardando all futuro prossimo delle relazioni tra la maggioranza “radicale” del nuovo Pd di Schlein e la presenza “sofferta” dei cattolici rimasti dopo l’epoca renziana. La 52enne consigliera regionale in Veneto si era resa protagonista lo scorso 16 gennaio votando contro l’indicazione del Pd locale, di fatto affossando la proposta di legge dell’Associazione Coscioni che imponeva tempi ancor più rapidi per l’iter di suicidio assistito stabilito dalla sentenza della Consulta del 2019: contro il voto scelto da Pd, M5s, sinistra e dal Presidente Luca Zaia, Bigon invece di uscire dall’aula (che avrebbe significato votare a favore della legge sul Fine vita) ha scelto di astenersi, facendo così quorum e risultando decisiva nella bocciatura della proposta di legge.



Era seguita una lunghissima discussione in seno al Pd nazionale e locale, a partire dalle parole durissime della segretaria dem Elly Schlein che al seminario di Gubbio con i parlamentari del Partito Democratico aveva attaccato la consigliera «se il Pd ti dice di uscire, esci!». La rivola delle correnti “cattoliche” interne al Pd aveva portato una minoranza assimilabile a Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani e Graziano Delrio a lamentare ufficialmente con la Segreteria Nazionale in difesa di Bigon, contestando l’epurazione di un membro dem per questione di temi etici (addirittura alcuni minacciando l’autosospensione). A fine gennaio poi la decisione del Pd di revocare comunque l’incarico di vicesegretaria provinciale a Verona proprio per quell’astensione sul Fine vita in Consiglio Regionale, scatenando ancora più polemiche interne giunte fino ad oggi quando si è consumata l’epurazione effettiva dopo la Direzione provinciale a Verona.

LA REPLICA DI BIGON AI COLLEGHI DEM: “QUEL VOTO LO RIFAREI”

A fine dibattito nella Direzione provinciale del Pd Verona è intervenuta la stessa Annamaria Bigon, perorando la sua causa e annunciando l’intenzione di votare ancora in libertà di coscienza qualora dovesse ritornare in Consiglio una nuova versione della proposta di legge: «sono sconcertata per la cacciata dalla vicesegretaria. Per me uscire dall’Aula sarebbe stato come votare sì. Se lo rifarei? Lo rifarei perché le persone ammalate, insieme alle loro famiglie, vanno prese in carico affinché la decisione, sul proprio fine vita sia veramente libera».

Bigon insiste contro i colleghi dem che il punto non preso in considerazione dalla legge poi affossata in Veneto è proprio il tema delle cure palliative: «Il voto in Regione non ha negato nessun diritto civile, perché la sentenza della Consulta sulla non punibilità del suicidio assistito non è stata cancellata, rimane. E i tempi necessari non sono degli anni, ma di circa tre mesi, certo sempre tanti se non si è presi in carico con le cure dovute. Quello che ho cercato di fare nella mia attività di consigliera regionale e di vicepresidente della Commissione Sanità e Sociale, è di riempire di contenuti una proposta di legge parziale che non prende in carico le persone ammalate». E’ emerso il problema delle cure palliative, che in Veneto sono solo parzialmente assicurate, ha concluso Bigon: «Si tratta di un aspetto importante, che non posso mettere da parte. Di qui la mia richiesta alla Regione di stanziare 20 milioni per le cure palliative. Bocciata». In una lettera aperta ad un quotidiano locale, è la stessa Bigon a ricordare come «Uscire dall’aula non era una decisione “neutra”, significava un sì o un no determinato dalle decisioni di altri. Ho scelto di astenermi in accordo con i miei colleghi. La libertà di coscienza esiste non solo quando è ininfluente, esiste anche quando può incidere sulla linea della maggioranza».