Anna Maria Bigon vuole evitare polemiche, ma continua la sua battaglia nel Pd dopo essere stata rimossa dall’incarico di vicesegretaria dem a Verona per essersi astenuta sulla legge regionale in Veneto per il fine vita. «La sanzione nei miei confronti è arrivata via mail, senza spiegazioni», rivela nell’intervista all’Avvenire, aggiungendo di essere pronta ad un confronto con la segretaria nazionale Elly Schlein, anche se non è arrivato alcun segnale da Roma, neppure una telefonata. Infatti, i vertici del Pd hanno scelto la linea del silenzio assoluto, ma sul tema della libertà di coscienza si è aperto un acceso dibattito interno, tanto che ci si aspetta un chiarimento tra le posizioni. La consigliera regionale veneta, comunque, non rinnega la sua scelta: «Sono nel Pd anche per determinati valori che devono essere portati avanti, come dice lo Statuto». Ma Bigon ammette che non si aspettava la sanzione. «A dire la verità, non mi aspettavo di arrivare fino a questo punto. Sapevo che poteva essere l’inizio di una discussione, però davo per scontato che la questione da me posta non era solo di principio, ma anche supportata da fatti».
La sua posizione non dovrebbe sorprendere, visto che da tempo segue il tema delle cure palliative. «Come si può essere liberi di decidere nel momento in cui si deve sopportare una sofferenza atroce? Certo, non bisogna mai abbandonare nessuno. Bisogna accompagnare il malato terminale e prenderlo in carico». Peraltro, alla Verità aveva confermato di essere cattolica, precisando che la sua astensione «non è stata solo per principio religioso». Infatti, nella sua scelta c’è anche quanto indicato dal presidente emerito della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick, il quale ha evidenziato che la competenza sui diritti inviolabili è del Parlamento, non del legislatore regionale. Infatti, Bigon ricorda che c’è una sentenza della Consulta che chiede proprio al legislatore nazionale di intervenire. «Sentenza chiara: si può essere d’accordo o no, ma la legge va fatta».
BIGON “NESSUNA SPIEGAZIONE O AVVISO SU REVOCA”
Per Anna Maria Bigon bisogna ripartire dal testo Bazoli, con cui si era trovata una sintesi nella scorsa legislatura. «Quel testo metteva come prerequisito l’accesso alle cure palliative ed era il frutto di un compromesso di mediazione tra varie aree». Tornando al suo voto, la consigliera regionale del Pd in Veneto si mostra subita riguardo il fatto che abbia spiazzato i dem, visto che a livello regionale aveva condiviso subito il voto. «Avevo detto che non ero d’accordo con quella legge e che avrei esercitato il mio diritto di libertà di coscienza. La mia scelta era stata condivisa e accettata, il mio voto non è stato una sorpresa». La segretaria nazionale dem si aspettava che sarebbe uscita dall’aula, ma a tal proposito Bigon osserva all’Avvenire: «La libertà di coscienza deve valere anche quando il voto non è ininfluente. Se fossi uscita sarebbe stata una scelta di testimonianza che non avrebbe inciso, disciplina di partito. Io non mi sento di essere andata contro il partito, ma rappresento i miei elettori».
Infatti, si sente sempre parte del Pd: «Credo sia fondamentale portare avanti i valori fondanti del Pd, che nasce dalla fusione di due sensibilità». Quindi, Bigon si assume la responsabilità della sua scelta e va avanti, consapevole di aver lavorato sempre nell’interesse del Partito democratico e degli elettori. «E ora mi revocano per un voto deciso in base alla mia competenza». Ne prende atto, ma non vuole polemizzare. «È arrivata questa revoca con una mail del segretario, senza nessuna telefonata di spiegazione o di avviso. È capitato più volte di non seguire l’indicazione del capogruppo. Ma se parliamo di linea politica, la linea era quella nazionale, quella della legge parlamentare».