La riforma del bilancio Ue, che nelle promesse di Ursula von del Leyen sarebbe dovuto essere fatta entro il prossimo anno, si è conclusa nelle discussioni del Consiglio europeo di giovedì e venerdì con un nulla di fatto. Nel rapporto sulle conclusioni, infatti, si legge che nonostante sia stata “sostenuta con fermezza da 26 capi di Stato o di governo”, la riforma sarà discussa meglio “all’inizio del prossimo anno”.



Insomma, in altre parole la riforma del bilancio Ue è stata discussa, probabilmente anche intensamente, ma senza che vi seguisse una qualche approvazione. Tutto questo nonostante se ne discuta informalmente almeno da 6 mesi, e senza tenere conto dei futuri ingressi previsti nell’alleanza europea, tra Ucraina, Moldavia, Georgia, Bosnia e Macedonia del Nord. Dal documento originale si sarebbe dovuto discutere di alcune nuove spese da almeno 100 miliardi di euro (poi ridimensionati prima di giovedì a 64,6 miliardi, rispetto ad un bilancio Ue settennale di 1.211 miliardi di euro. Spese in larga parte per l’Ucraina (50 miliardi) e per “migrazione, vicinato e frontiere” (9,6 miliardi), con cifre minori per le tecnologie strategiche, il NextGenEU, le riserve di solidarietà e fondi per uno strumento di flessibilità.



Bilancio Ue: l’Italia è il terzo contribuente, con una perdita di 38 miliardi di euro

Uno dei più grandi “problemi” del bilancio Ue è il suo funzionamento, che presuppone alcuni paesi in qualità di contribuenti netti che versano più soldi di quanti ne utilizzano, ed altri paesi che sono beneficiari netti, ovvero con versamenti esigui e prelievi elevati. La divisione tra questi è dettata, ovviamente, dalla situazione economica del paese, calcolata con l’indice di Reddito nazionale lordo (simile, ma differente, al Pil).

Ne risulta, dunque, che al bilancio Ue contribuiscano soprattutto la Germania e la Francia, mentre l’Italia i posiziona al terzo posto dopo l’uscita di scena del Regno Unito. L’Italia contribuisce, in particolare, al 13% del bilancio, con un saldo netto (tra versamenti e accrediti) negativo di almeno 38 miliardi di euro dal 2014 al 2020. Una cifra che, secondo il quotidiano la Verità, è destinata ad aumentare ulteriormente, data soprattutto la condizione economica in cui versano i paesi candidati per i prossimi ingressi. Insomma, la discussione sul bilancio Ue potrebbe contribuire a ridimensionare quelle notevoli perdite che paesi come Germania, Francia e Italia registrano ormai da sette anni, con meccanismi di redistribuzione più efficienti rispetto agli attuali. La decisione, però, probabilmente spetterà al nuovo Consiglio, che sarà eletto il prossimo anno, interrompendo nuovamente le discussioni.