Billy Bragg è una certezza, uno che non tradisce mai. Basta ascoltare la bellissima ballata country soul che apre il suo nuovo disco, lenta, malinconica, con un sontuoso arrangiamento d’archi, una pedal steel in lontananza e le note grasse di Hammond che spaziano in lungo e in largo.
E’ un disco dai suoni splendidi, che pesca in abbondanza dal miglior country rock anni 70, come nella seconda traccia Mid-Century Modern e naturalmente dal suo eroe di sempre, Bob Dylan con in più un riff di chitarra di chiara matrice Byrds. Sembra di essere ancora dalle parti dei due straordinari dischi incisi con i Wilco, quando il cantautore inglese e il gruppo americano musicarono testi inediti di Woody Guthrie. Bragg canta con confidenza ed empatia, un elegante signore di 63 anni che sembra quasi dire, dopo una vita dedicata all’impegno politico, che è ora che se ne occupi qualcun altro.
Ma non è così. Come sempre con gli artisti migliori, le loro canzoni possono assumere un duplice significato. Si chiama arte democratica, lasciare che ognuno legga in una canzone ciò che sente più vicino a sé, e in pochi sanno farlo. Nonostante il suo attivismo politico che lo ha sempre contraddistinto, quando si tratta di canzoni Billy Bragg è un gentiluomo. Succede anche in questo disco, dove una canzone d’amore come I will be your shield, diventi un brano che è stato preso come simbolo della convivenza con la pandemia. E in un paese dove la gente se ne infischia bellamente delle norme di sicurezza o sente la propria libertà personale messa in pericolo da fantomatiche dittature sanitarie, lui ha bene in mente cosa sia il bene comune, quella cosa che l’egoismo spacciato per libertà ha dimenticato: “In tempi normali uno può anche pensare solo a se stesso ma durante una pandemia bisogna far leva più su ciò che è utile a tutta la comunità. Prendi l’esempio di chi pensa che indossare una mascherina sia una violazione dei propri diritti mentre è un atto di solidarietà oltre che di protezione personale” ha detto in una recente intervista a rollingstone.it.
The Million Things That Never Happened è un album che lascia molto spazio a un songwriting ricco di sfumature e compassionevole che non perde mai il controllo del suo senso di empatia. Nella title track, Bragg canta le cose che tutti abbiamo perso negli ultimi due anni: “Un abbraccio per chi piange, un bacio per chi muore”. È quasi impossibile non relazionarsi. In un’epoca di divisioni, The Million Things That Never Happened è un gentile abbraccio di ciò che ci unisce tutti. Come nella deliziosa ballata southern soul The buck doesn’t stop here no more o nel gospel sussurrato di I believe in you.
“Sono giunto alla conclusione che l’empatia è la valuta della musica – che il nostro lavoro come cantautori è quello di aiutare le persone a fare i conti con i loro sentimenti offrendo loro esempi di come altri potrebbero aver affrontato una situazione simile a quella in cui gli ascoltatori ritrovarsi” dice.
Freedom Doesn’t Come For Free è una country song alla Woody Guthrie con tanto di fiddle ballabile e divertente nonostante il tema della canzone, un improbabile complotto politico. C’è anche un pezzo, Ten Mysterious Photos That Can’t Be Explained, scritto a quattro mani con il figlio Jack Valero, che descrive il caos individualista e la follia dei social network.
Registrato con il produttore Romeo Stodart e Dave Izumi agli Echo Zoo Studio di Eastbourne (Regno Unito), The Million Things That Never Happened è il primo album blues pandemico dei nostri tempi, ma anche un sincero inno alla resilienza umana. Van Morrison prenda nota, lo compri e se lo ascolti con attenzione. Imparerà una cosa o due dal punto di vista umano (ma anche musicale).