La transizione di genere fra i più piccoli fa discutere il Regno Unito (e non solo), a seguito delle continue testimonianze negative che giungono circa la Tavistock Clinic. Il “Daily Mail”, sull’edizione in edicola martedì 14 febbraio 2023, ha riportato che il dottor Matt Bristow, psicologo che ha prestato servizio per cinque anni al Gids (Gender Identity Development Service) della Tavistock, ha espresso il timore che molti di quei bambini fossero semplicemente gay, ma sarebbero stati “spinti su un’altra strada” dalla clinica.
Le opinioni del dottor Bristow sono state riprese da altri medici, di cui l’identità è stata mantenuta segreta, che hanno espresso le loro preoccupazioni a Sonia Appleby, responsabile della tutela dei bambini per il Tavistock Trust. Essi le avrebbero detto di temere che il servizio inducesse i bambini a considerare “l’essere transgender come un’opzione meno opprimente del riconoscere di essere gay”. Anche un altro medico, la dottoressa Natasha Prescott, avrebbe asserito che “c’è una crescente preoccupazione che la transizione di genere, se applicata in modo sconsiderato, sia riparatrice”.
TRANSIZIONE DI GENERE “CALDEGGIATA” TRA I BAMBINI: CASI ANCHE IN ITALIA
Ma c’è di più: a detta del “Daily Telegraph”, la clinica Tavistock avrebbe ignorato il 97,5% dei bambini che chiedevano di cambiare s*sso erano affetti da autismo, depressione o altri problemi che avrebbero potuto spiegare la loro infelicità. In particolare, “sette bambini su 10 presentavano più di cinque caratteristiche associate, come abusi, ansia, disturbi alimentari o bullismo, e un’assistente sociale sostiene che solo un bambino su 50 tra quelli trattati dalla clinica sarebbe rimasto transgender a vita”.
Anche in Italia si registrano forzature sulla transizione di genere tra i giovani. A “Quarta Repubblica”, trasmissione di Rete 4 condotta da Nicola Porro, una madre ha rivelato: “Mia figlia ha iniziato a stare più tempo su internet. Parlava con ragazzine e una ragazza in transizione di genere, ma che aveva già tutte le caratteristiche maschili. Nel secondo lockdown ha assunto farmaci antidepressivi e ha commesso atti di autolesionismo, con tagli su braccia e gambe, pensieri di suicidio. Ha anche acquistato un corpetto contenitivo per appiattire il seno. Contattando altri genitori, sono stata indirizzata verso uno psicologo specializzato in disforia di genere. Negli incontri egli ha agevolato la transizione di mia figlia, esortandola a presentarsi al maschile, a usare tutti gli spazi pubblici riservati agli uomini, a fare acquisti nei reparti maschili. Dopo un paio di mesi ci ha dirottato verso un endocrinologo che voleva toglierle il ciclo con siringhe di un farmaco, per poi proseguire con la somministrazione di testosterone. Mia figlia però non voleva perdere il ciclo: ho quindi cercato uno psicologo specializzato, che ha risolto i suoi traumi pregressi. Oggi lei sta bene e si presenta come donna, col suo nome”.