I bambini sono sensibili ai messaggi subliminali fin dai primi mesi di vita. Ad affermarlo un recente studio dell’università Bicocca di Milano, che ha appunto dimostrato quel fenomeno che viene definito “Priming subliminale”, in grado di influenzare emozioni e percezioni dei neonati. Nel dettaglio, lo studio del Dipartimento di Psicologia dell’ateneo meneghino, si intitola “Subliminal affective priming changes the ‘feeling’ towards neutral objects in infancy”, ed è stato pubblicato sulla rivista “Social Neuroscience”. I ricercatori che hanno condotto lo studio si sono concentrati su quel processo chiamato “priming subliminale emozionale”, che influenza le nostre preferenze ed idiosincrasie senza che noi ne siamo pianamente consapevoli, appunto, in maniera subliminale. Molti studi erano stati già eseguiti su soggetti adulti, mostrando immagini di volti felici o arrabbiati sotto soglia percettiva, ma quasi mai nei bambini con pochi mesi di vita.



BIMBI SENSIBILI A MESSAGGI SUBLIMINALI: “EMOZIONI HANNO UN RUOLO IMPORTANTE”

Lo studio della Bicocca ha riguardato trenta bimbi di tre mesi, a cui sono stati mostrati devi volti subliminali felici o arrabbiati, associati ad oggetti neutri. Per osservarne gli effetti sono stati scelti due diversi parametri: il tempo di fissazione, e la risposta fisiologica intesa come variazione della sudorazione. I bimbi hanno mostrato maggiore sudorazione nel vedere un oggetto associato ad un volto arrabbiato, minore invece per quanto riguarda il viso sorridente. Per volti invece senza espressione, non si è avuta alcuna variazione significativa. Si deduce quindi che anche i bimbi, seppur di appena tre mesi, riescono ad associare emozioni ad oggetti neutri, ed in particolare si è notata una reazione associata ad un’emozione (volto felice o arrabbiato), e non ad un volto senza espressione. «Lo studio ha una serie di implicazioni – le parole di Elena Nava, ricercatrice presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca – da un punto di vista teorico, il fatto che bambini riescano a compiere associazioni tra emozioni inconsce e oggetti, suggerisce che fin dai primissimi mesi di vita le emozioni giocano un ruolo importantissimo nell’apprendimento del bambino, il cui cervello tende a ‘tingere’ di sensazioni gli oggetti con cui viene a contatto. Poiché queste associazioni avvengono a livello inconscio, fin da piccoli le sensazioni potrebbero guidare preferenze e scelte non governabili razionalmente». La dottoressa ha spiegato che in futuro si potrebbe riproporre questi test a bambini più grandi per cercare di capire quanto siano «stabili nel tempo queste associazioni inconsce, se è possibile modificare alcune attitudini o bias, come ad esempio il pregiudizio razziale».

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