Il dramma del piccolo Samuele, precipitato nel vuoto venerdì a Napoli, si arricchisce della testimonianza del presunto killer, Mariano Cannio, il 38enne accusato dell’omicidio del bambino. In particolare, l’uomo, che svolgeva lavori domestici per conto della famiglia del bimbo, avrebbe asserito quanto segue: “L’ho preso in braccio, mi sono sporto e l’ho lasciato cadere giù. Poi sono andato a mangiarmi una pizza”.



Questa è la versione in estrema sintesi del suo racconto, riportato nella sua interezza dai colleghi di TgCom 24: “Ad un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori sul balcone… Giunto all’esterno con il bambino tra le braccia, mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato, consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo”. Cannio ha riportato in maniera confusa quanto accaduto: “Sono fuggito a casa e, dopo, sono andato a mangiare una pizza nella Sanità”.



BIMBO GIÙ DA BALCONE, IL PRESUNTO KILLER CI RIPENSA: “NON L’HO BUTTATO, HO AVUTO UN CAPOGIRO”

Successivamente, però, in presenza del suo avvocato, Mariano Cannio ha modificato la versione dei fatti, dicendo di aver avuto un giramento di testa: “Fuori sul balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimità della ringhiera, ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perché udivo delle voci provenire da sotto a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto”.

Dopodiché, l’uomo ha riferito di essersi steso sul letto e di avere iniziato a pensare a quello che era accaduto. Poi, sarebbe sceso per strada e si sarebbe recato in un bar in via Duomo a Napoli, ordinando un cappuccino e un cornetto. Il gip Valentina Gallo ha convalidato il fermo nei suoi confronti e disposto il carcere, ravvisando il pericolo di fuga: il 38enne, infatti, non è stato rintracciato all’interno della sua abitazione, ma in un altro appartamento, nel quale i poliziotti sono riusciti a entrare grazie a un espediente, ovvero infilando una bolletta dell’energia elettrica sotto la porta, che poi qualcuno ha ritirato (Cannio), confermando che la casa fosse abitata.