Un quadro di tortura, di brutali violenze e sofferenze inflitte da Alija Hrustic ai danni del figlio, il bimbo Mehmed ucciso dal padre a Milano. A descriverlo è la Cassazione nelle motivazioni della sentenza del 13 gennaio scorso, con cui ha deciso che servirà un nuovo processo d’appello per il 28enne accusato di aver ucciso il figlio di 2 anni e cinque mesi nel maggio 2019. Vanno rivalutate le accuse di tortura e omicidio volontario, oltre a quella di maltrattamenti, a carico dell’imputato, secondo la Suprema Corte, che parla di un “sistematico pestaggio, nonostante le condizioni di fragilità e minorata difesa del piccolo”.
Le sofferenze “corporali” sono state inflitte con “grave e prolungato patimento fisico e morale” al bambino, con “bruciature”, “morsi, calci, schiaffi, pugni” e un “trattamento degradante per la dignità del bambino”. La Cassazione, in merito alle “condotte di tortura”, cioè quelle “poste in essere la notte del 21-22 maggio 2019” e quelle “attuate nei giorni immediatamente precedenti la morte”, si tratta di comportamenti ritenuti “platealmente eccedenti rispetto alla normalità causale, che hanno determinato nella vittima sofferenze corporali aggiuntive”.
BIMBO UCCISO DAL PADRE, PERCHÉ APPELLO BIS VA RIFATTO
La Cassazione aveva annullato con rinvio ad un appello “bis” la sentenza con cui la Corte d’Assise d’Appello di Milano aveva cancellato l’ergastolo deciso in primo grado e ridotto a 28 anni la pena per Alija Hrustic, difeso dall’avvocato Giuseppe de Lalla (mentre la madre del bambino è assistita nel processo come parte civile dall’avvocato Patrizio Nicolò). Ciò in quanto era stato escluso il reato di tortura e si riqualificava l’omicidio volontario in maltrattamenti pluriaggravati culminati nella morte. Ma per la prima sezione penale della Suprema Corte, la sentenza di secondo grado è “viziata da violazione di legge penale e da manifesta illogicità della motivazione”.
I giudici dell’appello bis dovranno, dunque, verificare se “vi è configurabilità dei maltrattamenti per la prima parte della condotta” ai danni del bambino, a partire dal marzo 2019. Inoltre, dovranno valutare se è ravvisabile il delitto di tortura per le violenze che vanno “due a quattro giorni prima della morte e fino al 22 maggio del 2019”. Nel nuovo processo, bisognerà stabilire altresì se sia configurabile l’omicidio volontario pluriaggravato o se tale contestazione va assorbita in quella di tortura seguita da morte (voluta), comunque punita con l’ergastolo. Se verrà riconosciuto l’omicidio, bisognerà stabilire se ci sia il dolo eventuale, cioè l’accettazione del rischio dell’evento morte.